Abbiamo lanciato la scorsa primavera la campagna “Libera di Abortire”, consce che la libertà di scelta delle donne passa soprattutto attraverso la possibilità di avere il maggior numero di informazioni a disposizione. Due recenti appuntamenti ce lo confermano. Da una parte, nella Repubblica di San Marino si voterà domenica un referendum che, grazie alla mobilitazione dell’Unione delle donne sammarinesi, mira a depenalizzare l’aborto, ancora illegale in qualunque circostanza e punito fino a sei anni di carcere.

Appuntamenti referendari come questo richiedono informazioni laiche e puntuali, scevre da qualsiasi ingerenza ideologica che possa limitare la salute delle donne, specie quando si ha – come nel caso del diritto all’aborto – una situazione internazionale perennemente in bilico tra violazione e tutela del diritto stesso. Dall’altra, in Italia è stata appena pubblicata la relazione sull’attuazione della legge 194/1978, anche quest’anno con largo ritardo, complicando così il lavoro di monitoraggio compiuto dalle diverse organizzazioni a tutela dei diritti riproduttivi. Qui la questione dell’informazione è dirimente.

I dati contenuti nella relazione, per quanto anticipino anche informazioni relative all’anno 2020, sono insufficienti, o meglio, lo devono essere se hanno portato il Ministro della Salute a osservare che “tutte le Regioni hanno reagito prontamente alla situazione Covid e i servizi hanno riorganizzato opportunamente i percorsi IVG”. Tramite l’appello che con “Libera di Abortire” abbiamo rivolto proprio al Ministro, si era già cercato di mettere in luce come l’accesso ad un servizio identificato, solo su carta, come “prestazione indifferibile” fosse stato osteggiato durante la pandemia da COVID-19: reparti chiusi, servizio farmacologico sospeso, riduzione dei giorni di accesso agli ambulatori e carenza di personale.

Una situazione resa ancora più critica dagli alti tassi di obiezione di coscienza che raggiunge il 67% tra i ginecologi. È alla luce di questa informazione che risulta difficile comprendere come la diminuzione delle Interruzioni Volontarie di Gravidanza, osservata in particolar modo per il 2019 in Molise, Umbria, Marche, Calabria e Lazio, possa essere un dato da festeggiare. Parliamo infatti di Regioni, come il Molise, dove l’obiezione di coscienza raggiunge il 92,3% e la realtà è che semplicemente le donne non riescono ad accedere al servizio.

Tra ciò che manca nella relazione, vi è poi una risposta chiara ai rilievi del Comitato europeo per i diritti sociali che mesi fa denunciava come l’Italia violasse non solo il diritto alla salute delle donne ma anche la dignità dei lavoratori discriminando apertamente i medici non obiettori di coscienza. Si parla, invece, di rapporto stabile tra ginecologi non obiettori e IVG effettuate – continuando quindi a non fornire le informazioni richieste dal Comitato sul numero o percentuale di domande di aborto che non hanno potuto essere soddisfatte in un determinato ospedale o Regione a causa del numero insufficiente di medici non obiettori. Il Leitmotiv rimane quindi la mancanza di informazioni fruibili per le donne che decidono di interrompere una gravidanza. Domenica, attendendo il risultato del referendum, saremo al fianco delle cittadine e dei cittadini di San Marino nell’auspicabile conquista di un nuovo diritto, consapevoli che l’impegno sarà quello di continuare a difenderlo.

* avvocata e tesoriera di Radicali Italiani
** membro del Comitato nazionale Radicali Italiani