«Saremmo pure gli angeli del soccorso ma le bollette le paghiamo con i soldi e non con le ali». Così diceva lo striscione ironico esposto dai vigili del fuoco aderenti all’Unione Sindacale di Base che ieri ha sfilato a Roma insieme al S.I. Cobas e a molte altre sigle del sindacalismo di base e della sinistra a cominciare da Unione Popolare, Potere al popolo e Rifondazione Comunista.

Dopo lo sciopero generale di venerdì organizzato da Cub, Sgb, SIcobas,Unicobas, Usb, Usi-Cit, Cobas,Cobas Sardegna, Adl Varese), e una ventina di manifestazioni locali anche a Roma e a Milano, il corteo di migliaia di persone ha percorso le strade della Capitale fino a piazza San Giovanni. La manifestazione ha ribadito il nesso tra l’emergenza salari e la crisi socio-economica peggiorata dal record inflazione e dal caro-bollette. Era diffusa anche la consapevolezza che tale nesso può essere spezzato definanziando la produzione di armi e usando i fondi pubblici per il Welfare taglieggiato dal governo Meloni tanto sul «reddito di cittadinanza» (-734 milioni nel 2023) quanto sulla rivalutazione delle pensioni (3,7 miliardi), per non parlare della «Flat Tax» che premia il lavoro autonomo benestante a favore di quello povero. Per i manifestanti il «reddito di cittadinanza» non va tagliato, ma va implementato. E va accompagnato con un salario minimo da 10 euro «minimi». Ma il governo Meloni non intende istituirlo, come i precedenti esecutivi. Il «No alla guerra in Ucraina e No a tutte le guerre imperialiste» scandito in via Cavour verso piazza dell’Esquilino ha unito le ragioni della questione sociale a quelle pacifismo e alla critica della tendenza neo-imperialistica e nazionalista del capitalismo in crisi. Questa lettura è stata riassunta dallo striscione di apertura: «Abbassate le armi, alzate i salari». In prima fila c’era una folta rappresentanza dei braccianti organizzati con l’Usb che vivono nel «Gran Ghetto» vicino a San Severo (Foggia), ora noto come «Torretta Antonacci».

Gli speaker che hanno parlato al microfono di un camion avvolto dallo striscione «Operai e studenti figli della stessa rabbia», hanno evidenziato la continuità tra il governo Meloni e quello precedente di Mario Draghi. «Meloni ha fatto finta di stare all’opposizione, e poi una volta al governo, ha continuato le sue politiche, peggiorandole» ha detto Marta Collot (Potere al popolo). «Meloni è come Draghi dal punto di vista economico, per l’adesione alle politiche, europee, per l’iper-atlantismo e l’adesione cieca alla Nato» ha ribadito Paolo Leonardi (Usb). In piazza Luigi De Magistris (Unione Popolare) «per costruire l’opposizione sociale e l’alternativa di governo, contro il sistema e per l’attuazione della Costituzione antifascista». Per Maurizio Acerbo (Rifondazione Comunista) «questa è «l’unica via per contrastare le politiche neoliberiste e il ritorno dell’austerità».