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Sindaco Ignazio Marino, sul progetto di demolizione di via dei Fori imperiali esiste già un vostro piano o siamo ancora alla discussione preliminare?

Esiste già un piano del Comune abbastanza dettagliato che mira a realizzare il parco archeologico più grande del pianeta. Un piano che purtroppo arriva tardivamente: basti pensare che la prima volta che si scrisse una legge per la sistemazione dell’area archeologica di Roma è stato nel 1881 con il ministro della Pubblica istruzione Guido Baccelli che insediò una commissione col compito di sistemare la zona monumentale della Capitale arrivando infine alla prima legge sulla zona archeologica romana, la 4730 del 14 luglio 1887. Quindi con 125 anni di ritardo, e già allora l’area indicata era la stessa che indichiamo oggi: il Foro romano, i Fori imperiali, il Colosseo, il Foro di Augusto, parte del Celio, il Circo Massimo, le terme di Caracalla e la via Appia antica.

Ma è proprio di questo che ha bisogno Roma?

È un’esigenza, non un’idea bizzarra: né di Guido Baccelli, né una mia reiterazione. Tutto questo si giustifica perché in questi luoghi è nata la civiltà occidentale. Sotto il balcone dell’ufficio del sindaco c’è la Tribuna dei Rostri dove è salito Marco Antonio per pronunciare l’orazione funebre per Giulio Cesare. Accanto c’è la via Sacra, dove i soldati che tornavano dalle campagne di guerra depositavano gli ori frutto dei saccheggi, e sulla quale hanno camminato Cicerone e Vercingetorige, Catilina e Catone. È chiaro insomma che è capitato a noi possedere queste aree ma abbiamo la responsabilità e il privilegio di custodirle e valorizzarle nell’interesse dell’umanità.

Ai romani, che vedranno sconvolta tutta la viabilità, probabilmente con grosse ripercussioni sul traffico cittadino, cosa ne verrà?

Sulla viabilità io sono molto netto: è vero, se aprissimo alle auto un tratto della Via Sacra certamente scaricheremmo una parte del traffico urbano, ma io sono assolutamente contrario. Non possiamo assumerci la responsabilità di danneggiare un’area già molto danneggiata e saccheggiata.

Ma il parco archeologico è anche una straordinaria e non utilizzata risorsa economica. Già da subito, dal 21 aprile prossimo, abbiamo programmato ogni sera tre cicli di spettacoli a pagamento in sei lingue diverse: attraverso ologrammi e tecnologie luminose ricostruiremo nell’aspetto originario la Roma di Augusto di duemila anni fa e il Tempio di Marte Vendicatore che venne costruito in 40 anni dall’imperatore Augusto a ridosso dei Mercati di Traiano. È un progetto realizzato non con i soldi del comune ma avremo un ritorno in tre anni del 150% delle risorse investite.

Chi ha investito su questo progetto?

Zètema, una società controllata dal comune con fondi propri. E questo è solo l’inizio. Perché credo che in nessun posto al mondo avrebbero utilizzato il Colosseo come una rotatoria spartitraffico, o lascerebbero al buio e non fruibili di notte queste nostre aree uniche al mondo. Vogliamo che Roma torni al centro del dibattito culturale del pianeta. Ma per continuare questo progetto abbiamo bisogno che il ministero dei Beni culturali istituisca una commissione per vedere quali dei vincoli imposti nel 2001 dall’allora governo Berlusconi è possibile rimuovere. Avevamo cominciato a discuterne col ministro Bray e tre giorni fa ho incontrato Franceschini, anche per parlare dell’accesso ai fondi europei a cui stiamo lavorando dall’inizio di febbraio.

 

Per il Colosseo, dopo il fallimento della via commissariale, si è dovuti arrivare al restauro sponsorizzato da Diego Della Valle. Per questo progetto, c’è l’ipotesi di trovare un “club di Mecenate”?

Non è solo un’ipotesi, è un lavoro molto avanzato con un gruppo di filantropi internazionali. Ma la differenza con una sponsorizzazione privata è che noi non vogliamo innescare risvolti di tipo commerciale o pubblicitario. Stiamo chiedendo di investire risorse economiche allo scopo di partecipare appunto a un “club di filantropi” che senta il bisogno, l’onore e l’orgoglio di partecipare a questa opera. E già abbiamo un numero di donatori certi o potenziali: singoli imprenditori molto benestanti o addirittura Stati che hanno interesse a dimostrare quanto ci tengano a questa area archeologica simbolo della civiltà occidentale.

Eppure, se tra gli esperti di archeologia si discute di quale era romana vada riportata alla luce, molti architetti e urbanisti propongono un’altra idea di città, con il centro antico di Roma arricchito e valorizzato da opere moderne, come avviene in altre capitali europee.

È un dibattito interessante e importantissimo, e per questo ho sollecitato Bray e adesso Franceschini a istituire una commissione di altissimo livello. Perché non ho l’arroganza di immaginare che possa essere io o la giunta a decidere. Sappiamo che al di sotto dei Fori imperiali si potrebbero riportare alla luce i Fori di Nerva e di Cesare e parte del Foro di Augusto. Ma sopra questi Fori si è costruito nei quasi due millenni successivi. Non posso essere io a dire quale progettualità e quale visione sia la migliore.

 

Ma poi, una volta riportata alla luce l’antica Roma, la lasceremo marcire come avviene ora, e non solo nella Capitale? D’altronde, sulla manutenzione dei siti archeologici e sugli sprechi di sovrintendenze e commissari ha già detto tutto la Corte dei conti…

Nella nostra visione, con gli incassi dei biglietti, insieme ai fondi europei e alle donazioni filantropiche, si può contribuire significativamente alla manutenzione di questi luoghi unici al mondo. Anche se deve essere garantita la possibilità di accesso culturale a chi ha meno risorse, come gli studenti o gli anziani. Presto avvieremo ulteriori pedonalizzazioni e posso dire che l’idea è di realizzare il parco archeologico entro la fine di questa consigliatura.