Come in una sorta di tragico giorno della marmotta ogni volta che deve discutere di migranti l’Unione europea sembra incapace di procedere e riparte sempre dai soliti punti, nella maggior parte dei casi irrealizzabili, tanto da chiudere i vertici dedicati al tema con un nulla di fatto.

Le premesse perché finisca così anche il summit dei ministri degli Interni che si apre domani a Innsbruck, il primo della presidenza di turno austriaca, ci sono tutte. A palazzo Chigi ieri si tenuto un vertice convocato dal premier Conte con i ministri Elisabetta Trenta , Enzo Moavero Milanesi e Danilo Toninelli per mettere a punto le richieste italiane. Salvini non c’era. Ufficialmente il ministro si trovava in Calabria ma non è escluso che la sua assenza sia legata alla decisione del ministro dei Trasporti di aprire un porto ai migranti che si trovavano sul rimorchiatore Vos Thalassa.

L’incontro è comunque servito più che altro per ribadire che è intenzione del governo gialloverde rendere operativi i risultati raggiunti nel Consiglio europeo di fine giugno. Formula di rito che vuol dire tutto e niente visto che le promesse fatte in quell’occasione, a partire dall’impegno volontario di alcuni paesi ad aprire centri dove trasferire i migranti salvati nel Mediterraneo, per ora sono rimaste sulla carta.

La strategia italiana, se così si può definire, punta quindi a esternalizzare le frontiere europee in nordafrica anche attraverso maggiori finanziamenti da destinare a Tripoli. «Se vogliamo aiutare la Libia a ricostruire la democrazia e i diritti – ha spiegato Salvini – dobbiamo farlo con i soldi e per questo a Innsbruck chiederò ai colleghi europei soldi veri e non finti o chiacchiere. Questo riguarda anche le missioni navali che dovranno essere di tutti e non solo dell’Italia».

In realtà almeno una parte della partita che Roma si appresta a giocare sembra destinata quanto meno a un rinvio. Di cambiare le regole di ingaggio delle missione europea Sophia, come aveva chiesto il titolare degli Interni minacciando di chiudere i porti anche alle missioni internazionali, non se ne parlerà infatti fino alla fine dell’anno e comunque il tema è di competenza prima dei ministri della Difesa e degli Esteri e poi del Consiglio europeo. Sul resto è tutto da vedere.

L’aria che tira in Europa nei confronti di Roma non è infatti delle migliori e Salvini è atteso al varco proprio dai suoi amici tedeschi e austriaci. Oggi il leghista vedrà il collega tedesco Horst Seehofer che continua a chiedere all’Italia di riprendersi i richiedenti asilo che dopo essere sbarcati da noi si sono trasferiti in Germania. Cosa che Salvini dice di non avere nessuna intenzione di fare. Anzi, a Seehofer – che ieri facendo infuriare la Spd ha di nuovo proposto la creazione di campi di transito ai confini tedeschi dai quali espellere i migranti irregolari – il ministro italiano ha intenzione di ricordare le 130 mila richieste di asilo presentate nel nostro paese e i 164 mila profughi presenti nelle strutture di accoglienza. Ma è davvero difficile che il tedesco si faccia impressionare da questi numeri, visto che di migranti la Germania ne ha presi un milione.

E poco Salvini si può aspettare dai successivi incontri che ha in programma sia con il collega austriaco Kickl, che il quello francese Collomb. In queste ore si sta lavorando alla ricerca di un’intesa, ma sarebbe possibile solo se Salvini decidesse di cedere sui movimenti secondari in cambio di un impegno a chiudere la rotta del Mediterraneo centrale.
Salvini alza la voce, ma come è già successo a Conte rischia quindi di tornare anche lui a Roma a mani vuote. O peggio, perché una mancata soluzione sui movimenti secondari potrebbe portare alla chiusura delle frontiere e all’isolamento dell’Italia.

Non passa giorno, intanto, che l’Austria non avanzi una proposta. Dopo aver chiesto di impedire che i profughi possano presentare richiesta di asilo in Europa, ieri Vienna ha illustrato le proposte per il Consiglio europeo di settembre che prevedono l’apertura nei Paesi terzi di transito di campi per i rimpatri dei migranti, ma anche l’invio di soldati degli eserciti europei in aiuto a Frontex nei Paesi del nordafrica. Tutte idee dal sapore coloniale e fatte senza averle prime discusse con gli interessati. E per questo destinate molto probabilmente a restare anch’esse sulla carta