Dora B, 15 anni di Negrar in Valpolicella, è figlia di genitori del Ghana ormai da 30 anni in Italia con i tre fratelli. Prova a iscriversi al concorso Canta Verona Music Festival. Ma la risposta del managment di Simone Posenato è agghiacciante: «Sei straniera. Italiani si nasce e non si diventa. Io la penso così ed è riservato ad esclusivamente ad italiani di fatto». Inutile ogni argomentazione della liceale nel confronto via Facebook. L’indigeno organizzatore ha una giurisdizione per conto suo: «Italiani si nasce, da genitori italiani». E fa risuonare la nota del tricolore di Mameli: «Ci sono anche cinesi nati in Italia, ma non sono italiani».
Tuttavia la voce di Dora squilla nel web. Lei possiede la cittadinanza italiana, eppure Posenato la considera «straniera». Come tanti coetanei vorrebbe misurare il suo «X factor», ma il piccolo boss di provincia le sbatte la porta in faccia con arroganza. È così che Verona torna alla “sbarra” per razzismo.

Il sindaco di centrodestra appena eletto, Federico Sboarina, scandisce: «All’adolescente esprimo la mia solidarietà. Si tratta, peraltro, di una vicenda che nulla a che fare con Verona. Non sappiamo chi sia l’organizzatore, né di che festival si tratti, né dove si dovrebbe svolgere. Il concorso canoro non gode né del patrocinio del Comune tanto meno di nostri contributi. È organizzato da una società che non ha nulla a che vedere con la nostra città».

Di ben altro avviso Francesca Businarolo, avvocato di Pescantina e deputato M5S: «Mai abbassare la guardia davanti a situazioni di disuguaglianza, mai abbassare la testa davanti alle ingiustizie. Regola che dovrebbe valere sempre, anche per eventi assolutamente minori e che forse non sarebbero mai stati organizzati, come Canta Verona. La manifestazione, da quel che risulta, si è interrotta nel 1994 e c’è stato un tentativo di riportarla in auge nel 2010, ma la finale non si è mai svolta. Chissà se i promotori ci sarebbero riusciti quest’anno: in tal caso auspico scuse pubbliche, sarebbe il minimo sindacale. La ragazza va ringraziata per non aver accettato in silenzio una chiara manifestazione di razzismo».
Altrettanto drastica Alessia Rotta, giornalista che alla Camera siede fra i banchi Pd: « È un episodio gravissimo di razzismo. Sono parole terribili quelle usate per motivare il rifiuto degli organizzatori. A Dora e alla sua famiglia non posso che esprimere tutta la mia vicinanza e chiedo ai veronesi di far sentire la propria voce. A cominciare dagli iscritti al concorso ai quali chiedo di ritirare, in segno di protesta, la partecipazione». E il capogruppo a Montecitorio di Si-Possibile, Giulio Marcon, annuncia un’interrogazione al governo «per sapere che cosa è stato fatto a Verona per impedire che altri stupidi casi come questo si ripetano, e quali provvedimenti siano stati assunti verso i responsabili di un atto di razzismo» che «non può passare come notiziola ferragostana» ma «è segno del degrado culturale del paese»

La scia dell’intolleranza razzista, fra il lago di Garda e l’Arena, risale agli anni ’80 grazie al mix di lighismo in camicia verde, neofascismo del dopo-Ludwig, intransigenza cattolica pre-conciliare e ultras dell’Hellas all’ultimo stadio.

L’anima nera affiora il 9 luglio 1988 a Cazzano di Tramigna: muore Achille Catalani, 51 anni, maresciallo “terrone” dell’Aeronautica aggredito da due giovani di Montecchia di Crosara. Il 28 aprile 1996 nella curva dello stadio Bentegodi penzola un manichino con cappio e cartello «Negro go away» contro il possibile acquisto dell’olandese Ferrier. Nel settembre 2001 Flavio Tosi (allora capogruppo regionale della Lega) distribuisce volantini con lo slogan «Firma anche tu per cacciare i Sinti»: sette anni dopo scatta la condanna della Corte d’appello di Venezia a due mesi di reclusione e tre anni di divieto a partecipare alle competizioni elettorali (pene sospese).

Infine, il 31 luglio 2013 alla stazione di Porta Nuova l’impiegata della biglietteria di origini africane con cittadinanza italiana è insultata così: «Voglio una bianca, non una nera». Mario Brusco, 59 anni, viene denunciato per ingiurie aggravate dalla discriminazione razziale. Patteggia un mese di arresto, convertito in 7.500 euro di multa.