Intrecci e connessioni inaspettate, lavoro sul territorio, accostamenti audaci, sono i collegamenti creati dal festival «I Mille occhi» quest’anno alla diciottesima edizione, diretto da Sergio M. Grmek Germani che si tiene al Teatro Miela di Trieste dal 13 al 18 settembre. Un grande gioco di rimandi a cominciare dall’analisi delle fotografie che compaiono nel catalogo, ognuna con suggestioni non casuali, come quella di copertina del catalogo a fare da icona al festival, Mary Nolan in Outside the Law di Tod Browning, attualità del gesto di un’attrice che denunciando molestie si giocò la carriera.
L’utilizzo degli archivi è centrale come scrive Germani nella sua introduzione: «Ci fa molto piacere che questo festival faccia un lavoro sugli archivi non come catacombe ma come sprigionamento di bellezze verso il mondo, e si faccia riconoscere sodale da ben più grandi macchine ammazzacattivi quali le Giornate del cinema muto di Pordenone e Cinema ritrovato di Bologna: i festival insomma che come noi non temono di nutrire il presente con l’inattuale. Il nostro festival si realizza grazie all’attiva collaborazione di tutti gli archivi cinematografici italiani e di molti tra gli esteri, e uno di essi, il più vicino geograficamente e nell’amicizia, ci sostiene più concretamente che mai, perché vuole che continuiamo a far parte di quel mondo in cui è riuscito a costruire un’altra meravigliosa macchina ammazzacattivi, la Cineteca del Friuli: nata in reazione al terremoto del 1976 per rilanciare una passione contro la distruzione, denominandosi inizialmente Cinepopolare, in una concezione della popolarità coniugante De Santis e il grande cartoon americano con l’insegnamento di un maestro socratico come il grande archivista Angelo Raja Humouda».
Insieme a Humouda, con le eredità lasciate da Farassino, Roberto Palazzi, Fuoriorario (tra gli altri) e con un lavoro che si prolunga tutto l’anno con le iniziative curate spesso da Mila Lazic, tornano i tanti nomi che fanno parte di un empireo cinematografico e che nel programma ritroviamo in sequenza non casuale: la personale Franco Piavoli con i suoi attori-familiari a Trieste con le copie originali dei suoi film e un incontro-lezione coordinato da Cecilia Ermini (al regista verrà anche consegnato il Premio Anno Uno, unico riconoscimento del festival), l’omaggio a Vittorio Cottafavi che iniziò come fotografo di montagna, con il film girato in terra carnica Maria Zef in versione restaurata (nella serata di lunedì 16 seguito dai Cento cavalieri), i registi serbi, croati e montenegrini, il documentarista austriaco Peter Schreiner attraverso i viaggi in Italia, il secondo programma dedicato a Eckart Schmidt da Monaco, l’accostamento non peregrino del rosselliniano Francesco Giullare di Dio e Noi siamo le colonne di Laurel & Hardy, Ellis Donda («Ellis ci spiazzò tutti eleggendo Visconti a vetta assoluta del cinema», scrive Germani) di cui si vedrà per la prima volta il saggio di cinema in 16 mm interpretato da Rossella Or, interprete anche per Nico D’Alessandria con l’attesa personale dell’indimenticabile indagatore di vite al margine, compresi i film della Cineteca Nazionale quando era allievo al Centro Sperimentale. Carmelo Bene compare in uno dei suoi corti, e in collegamento con le avanguardie romane si vedrà la sequenza tagliata in cui compare Nicoletta Machiavelli con Memé Perlini in Le castagne sono buone di Pietro Germi nel trittico Il ferroviere, L’uomo di paglia, Un maledetto imbroglio).