Eppure è acclarato il rischio sanitario inaccettabile per il presente e per il futuro con un apposito studio istituzionale che si chiama Vds.

Eppure le leucemie infantili sono in aumento, lo attesta l’Istituto Superiore della Sanità.

Eppure i danni al neurosviluppo sono certificati, lo dicono due ricerche scientifiche di cui una appena pubblicata.

Eppure gli spermatozoi degli operai dell’acciaieria sono danneggiati, e basta cercare su PubMed per trovare lo studio.

Eppure lo sanno che vicino all’Ilva si muore, e si muore di più, ci sono i dati dell’anagrafe comunale aggiornati.

Eppure c’è una condanna della Corte Europea dei Diritti Umani (Cedu) fresca del 2019, con una freschissima tirata d’orecchie del comitato dei ministri deputato alla vigilanza.

Eppure il Consiglio di Stato ha consentito la prosecuzione di questa brutta storia italiana. E così tutti gli altri hanno torto: Arpa Puglia, Tar Puglia, Sindaco di Taranto, Cedu, associazioni di cittadini. Centinaia di pagine di letteratura scientifica vanno nel cestino. Il Consiglio di Stato vince contro il Resto del Mondo.

Eppure il Consiglio di Stato aveva solo l’imbarazzo della scelta per porre fine a una violazione ripetuta dei diritti umani, per porre fine a una sofferenza inammissibile. Eppure non credo che un solo componente del Consiglio di Stato esporrebbe un nipotino a un rischio sanitario inaccettabile, ma ciò che non vale per la propria vita può fatto valere per la vita degli altri.

Eppure lo hanno fatto.

È questo il tipico caso in cui i tecnicismi del diritto possono non corrispondere con i principi dell’etica. Un capolavoro di divaricazione fra etica e ragion di Stato. Come se nella mission di uno Stato non ci fosse anche la funzione del «buon padre di famiglia», come spiegano al primo anno di giurisprudenza.

La sentenza del Consiglio di Stato tra le ragioni dei cittadini e le ragioni dell’azienda ha ritenuto più fondate le ragioni dell’azienda.

Questa sentenza non riduce ma aumenta la nostra determinazione nel condurre con ancora più vigore la lotta per la tutela dei diritti inalienabili dei cittadini esposti ad un rischio sanitario inaccettabile. Tale rischio sanitario inaccettabile è attestato dalla nuova valutazione danno sanitario (Vds) che certifica per il futuro un elevato rischio cancerogeno in base all’attuale autorizzazione integrata ambientale a 6 milioni di tonnellate/anno per l’azienda.

Siamo inoltre in presenza di eccessi di mortalità anche recenti (calcolati fino al 31 dicembre 2020) nei tre quartieri più vicini al polo industriale. Infine sono emersi i gravi effetti neurotossici di piombo e arsenico sui bambini di Taranto che vivono vicino all’industria pesante. Per ogni chilometro che ti avvicini alla «fonte» perdi quoziente di intelligenza.

Che cosa si vuole di più? Di quale pistola fumante hanno bisogno coloro che hanno dato il consenso a continuare questa storia orribile e perfino difficile da raccontare?

Ma sia chiaro: una sentenza favorevole alle ragioni aziendali non fermerà il desiderio di giustizia e di verità. La nostra lotta non si fermerà. È una lotta di Resistenza, di Resistenza nonviolenta. In nome di valori universali, di quei principi per cui nessuna persona libera vorrebbe farsi annichilire dalla protervia del potere.

Non chineremo il capo e saremo più forti di prima. Assieme alle associazioni di Taranto ci faremo promotori di un’iniziativa di tutela multilivello che solleciti contemporaneamente la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, il Comitato Onu per i diritti dell’infanzia di Ginevra, la Commissione Europea di Bruxelles, tutti gli organi nazionali preposti alla tutela dell’infanzia e infine anche la Procura della Repubblica per quanto di propria competenza.

Le nostre ragioni sono e saranno più solide di quelle dell’acciaio. Più umane, più sincere di ogni fedelissimo sostenitore della Ragion di Stato.

* Presidente di PeaceLink