Gli indignados son tornati. È efficace l’incipit dell’Economist sull’inaspettato successo del partito Podemos (“possiamo”) – nato solo a gennaio di quest’anno – e ben riassume il senso di una piccola rivoluzione nella politica spagnola. Per la prima volta dalla Transizione alla democrazia, i due principali partiti raccolgono meno della metà dei consensi. La stessa frustrazione che in Francia, in Olanda e in Inghilterra prende tinte xenofobe in Spagna si trasforma in un importante affermazione delle forze della sinistra non socialista che insieme raggiungono quasi il 25% dei voti. Izquierda Unida (IU) e alleati passano da meno del 4% al 10%, i verdi di Equo ottengono quasi il 2% dei voti. I tradizionali partiti della sinistra nazionalista anticapitalista ottengono un seggio – altri tre seggi vanno alla sinistra catalana Esquerra Republicana. E, appena affacciatosi sulla scena,Podemos irrompe con ben 5 seggi – quando i sondaggi gliene davano al massimo uno – e l’8% dei voti.

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Nata dall’iniziativa della star televisiva con coda di cavallo, il 35-enne professore di scienze politiche all’Università di Madrid Pablo Iglesias (si chiama proprio come il padre fondatore del Psoe), la lista Podemos è addirittura arrivata terza in alcune comunità, fra cui quella di Madrid. Segni di un vento nuovo, lo stesso che ha portato il 28-enne Alberto Garzón a passare dalle piazze del 15M alle Cortes di Madrid e che ha agglutinato entusiasmi fra le file di IU. Con centinaia di circoli in tutta Spagna e una comunicazione web elegante e pulita – che non manca di certificare le spese sostenute per la campagna – Podemos ha l’ambizione dichiarata di costruire un’alternativa alla “casta” – un’alternativa di sinistra, che usa con scioltezza il linguaggio e lo stile televisivo del suo mediatico portavoce. Con poco più di centomila euro, Podemos ha conquistato cinque seggi (2 donne e tre uomini, tra cui un fisico tetraplegico), che si iscriveranno tutti, assicura Pablo Iglesias, nel gruppo della Sinistra Europea. Il manifesto ha impiegato quattro giorni per riuscire a parlarci. «Siamo oberati di richieste», si giustifica.

I sondaggi davano una crescita dell’astensionismo. Invece è rimasto stabile. Merito vostro

È ancora presto per fare questa valutazione. Bisognerà aspettare i dati sulla partecipazione e sulla composizione del voto. Ma, a occhio, abbiamo certamente mobilitato molte persone che non avrebbero votato.

Quali saranno le vostre priorità all’Eurocamera?

Diremo che non vogliamo essere una colonia della Germania. Vogliamo dignità per i paesi del sud. Non è accettabile che le politiche economiche che stanno condannando alla miseria una parte delle popolazioni siano decise da organismi non democratici come l’Fmi o la Bce. Degli 8.000 euro dello stipendio, noi tratterremo solo l’equivalente di tre salari minimi (3×645 euro, nd). Il resto lo doneremo. Non è accettabile che un eurodeputato guadagni più di un chirurgo della sanità pubblica, o di un professore universitario o di un ispettore del lavoro. È necessario finirla con le “porte girevoli” fra politici e consigli di amministrazione delle grandi imprese. Proporremo di fare un audit del debito che metta gli interessi della gente davanti a quelli delle banche.

Proponete l’adozione di quella che chiamate «la direttiva Villarejo», una batteria di misure dal nome del giudice anticorruzione, numero tre nella vostra lista.

Il documento è il risultato di un processo di elaborazione collettiva con un metodo aperto a cui hanno partecipato e che hanno votato migliaia di persone. In sintesi, prevede un tetto ai salari. La limitazione dei mandati parlamentari a due o al massimo a tre con ragioni molto giustificate. E la fine dei privilegi ottocenteschi, come il tribunale speciale per i ministri. Per non parlare del re. Le cariche pubbliche devono essere giudicate da tribunali ordinari. La legge è uguale per tutti.

Perché avete deciso di presentarvi alle elezioni?

Rispetto a IU, noi abbiamo puntato su due chiavi fondamentali. La prima è il protagonismo cittadino. Per le nostre liste si poteva presentare e votare qualsiasi cittadino. Era importante che non fosse una lista decisa da un organo di direzione. La seconda è che crediamo che l’asse fondamentale per capire quel che accade non è il gioco destra, centro, sinistra. Ma la contrapposizione cittadini contro elite, cittadini contro casta. La maggioranza dei cittadini è d’accordo con quello che proponiamo: una riforma fiscale perché paghino i ricchi, un audit del debito, la fine degli sfratti ipotecari, smettere di usare le risorse pubbliche a beneficio dei privatei Il 15M ha messo in campo una realtà: che esiste una maggioranza sociale che si può convertire in maggioranza politica.

Personalità di IU come Alberto Garzón dicono che sono interessati a costruire con voi un «Frente Amplio».

Per il momento dobbiamo lavorare a un processo costituente interno a Podemos. per poi dare avvio a un percorso di confluenza eviteremo le riunioni dall’alto. Se la gente vuole, perché bisognerà consultarla, magari si stabiliranno queste collaborazioni. Però senza scorciatoie dirigiste. È chiaro che non possiamo fermarci: dobbiamo costruire una nuova maggioranza politica di governo

Dicono che siete un partito troppo personalizzato.

È vero: il mio protagonismo mediatico è stato enorme. Ma per noi, senza il budget dei grandi partiti, uno dei principali mezzi di comunicazione era un ragazzo con la coda che si vedeva in alcuni salotti televisivi.

Dicono anche che vi ispirano modelli politici come il Venezuela.

Non si possono importare modelli acriticamente, ma bisogna imparare dai posti dove le cose sono state fatte bene. Il modello educativo finlandese è una meraviglia, mi piace molto anche che in Francia buona parte delle imprese strategiche siano statali. In America Latina sono state prese misure molto ragionevoli. Per esempio in Ecuador c’è stato un audit del debito che è servito per fare una politica redistributiva. Del Venezuela mi piacciono i referendum revocatori. Mi pare una questione di salute democratica che un gruppo di elettori possa decidere di cacciare un politico che non ha rispettato le promesse. Sono anche state fatte politiche sociali che hanno esteso i servizi pubblici a settori della popolazione che non lo conoscevano.

Dall’Italia c’è qualcosa che vorreste copiare?

Siete stati un mio riferimento politico per molti anni, la mia tesi di dottorato è stata sulle Tute bianche e la ricchezza politica italiana mi ha sempre affascinato. Ho anche fatto anche l’Erasmus a Bologna. Ma oggi come oggi leggere i giornali italiani mi produce una enorme tristezza.