Si chiude stasera all’Auditorium Melotti di Rovereto con il debutto nazionale della compagnia T.H.E. Dance Company di Singapore la 42a edizione di Oriente Occidente Dance Festival, manifestazione diretta da Lanfranco Cis che nella sua lunga storia ha contribuito alla diffusione e conoscenza in Italia dei linguaggi della danza contemporanea e delle arti performative. Tema di quest’anno Mediterranei, inteso in senso estremamente allargato, mondo che dal mare nostrum estende il suo sguardo alle migrazioni di popoli vicini e lontani, nel desiderio di un dialogo tra culture e civiltà. In questa prospettiva di scambio, il festival ha proposto nel weekend scorso inaugurale spettacoli di diverso taglio, a partire da un concerto che ha traghettato il pubblico con l’immaginazione in storie di antiche tradizioni attraverso la musica della Repubblica del Mali. Un concerto solistico nel Giardino Bridi di Probizer con Ballaké Sissoko e la sua kora, arpa-liuto a ventun corde originaria dell’Africa occidentale. Un concerto ipnotico, dal respiro trascendente, che prende il nome dall’ultimo album del musicista, A Touma (questo è il momento).

Tema di quest’anno Mediterranei, inteso in senso estremamente allargato, mondo che dal mare nostrum estende il suo sguardo alle migrazioni di popoli vicini e lontani

NELLA GIORNATA inaugurale proposto in serata al Teatro Zandonai Zephir di Mourad Merzouki, coreografo capofila da anni dell’intreccio tra la tecnica hip hop e la danza contemporanea, attualmente direttore con la sua compagnia Kafig del Centre Chorégraphique National de Créteil. Lo spettacolo è un viaggio sospinto dal vento ispirato dal peregrinare di Ulisse vissuto in scena da dieci danzatori. Un lavoro che conferma la qualità della compagnia di Merzouki, virtuosistica e che ha molto coinvolto il pubblico, anche se, da un punto di vista drammaturgico il pezzo a lungo andare si slabbra in scene più d’effetto che di sostanza come la parte in rosso con la danzatrice in ampia gonna – forse rimando alla figura di Circe o alle sirene incantatrici – sollevata al centro. Più interessante sotto il profilo della ricerca le proposte italiane del primo weekend, viste all’interno del MART di Rovereto. Due lavori site specific proposti il primo dalla coreografa pugliese Irene Russolillo insieme al regista romano Luca Brinchi e alla cantante e beatmaker italiana di origine liberiana Karima Dueg, il secondo da Carlo Massari.

If there is no Sun, di Russolillo, si è sviluppato nell’ambito del progetto CRISOL creative processes legato al programma ministeriale Boarding Pass Plus, un lavoro cresciuto durante la pandemia via zoom e poi in presenza a Dakar. Vede in scena oltre a Russolillo e DueG, tre potenti danzatori originari del Senegal. Un lavoro sostenuto da un tessuto sonoro battente che intreccia con un ritmo felicemente non banale testi e canto (Russolillo e DueG) e movimento: il desiderio di riscatto, i pregiudizi ancora vivi sull’essere nero, la derisione, l’assenza di libertà, la lotta spirituale emergono nelle parole, ma soprattutto nel corrosivo lavoro sui corpi. Li vediamo annodati a lunghe corde nere ispirate a una mareggiata in Senegal, inginocchiati o trascinati come in schiavitù, ma anche e soprattutto potenti nel graffio dinamico, propositivo del corpo, incalzato dai video di Brinchi e dalle colorate luci pulsanti.

“Zephir” di Mourad Merzouki, foto di Guido Mencari

CARLO MASSARI, artista associato del festival, ha presentato Metamorphosis, Atti di Metamorfosi contemporanea, tre pezzi in progress sui cui temi maturerà la creazione a serata intera ideata per il festival 2023. Un lavoro che gioca sul contrasto tra la presentazione di sé come performance di facciata e il dubbio, la fragilità, l’incertezza in cui l’uomo si dibatte in una continua, sfinente metamorfosi. Larva, Blatta e Sapiens sono i tre titoli dei rispettivi assoli, presentabili in ordine variabile. Massari per il weekend inaugurale del festival 2022 ha scelto di partire da Sapiens, l’ultima fase dello sviluppo dell’uomo, in un percorso a ritroso pieno di interrogativi. Il coreografo e danzatore bolognese si presenta in pantaloni neri e camicia bianca. Sul discorso di Macron del 26 agosto, Massari sorride, passa tra gli spettatori e stringe la mano, fintamente radioso di fronte alle catastrofi dei nostri tempi, pronto a belle foto di rappresentanza. Un momento di pausa ed eccolo spingersi a danzare l’inconfondibile Valzer n. 2 di Shostakovich, dalle tasche lancia per lo spazio bianco del Mart coriandoli colorati, tutto sembra bellissimo, ben fatto, ben costruito. Ma di nuovo la solarità è di facciata, inutile ricerca di qualcosa a cui appigliarsi. Il corpo inizia a cedere, “la danzetta”, così la chiama Massari, non riesce più. L’uomo sapiens è a terra. Recita le Beatitudini del Vangelo secondo Matteo, che però ormai si storpiano secondo il tipico taglio ironico di Massari: i beati, tragicamente, saranno quelli che tra pochi giorni andranno a votare, a guadagnarsi il regno dei cieli saranno i nuovi poveri di fronte alle bollette e così via, fino a che il corpo disteso del povero uomo sapiens, ormai incapace di alzarsi, solo felice di aver detto ciò che pensa, scivola fuori dalla scena rotolando, impotente, sotto lo schermo di fondo.