A Roma la repressione amministrativa colpisce anche il Celio Azzurro
I centri interculturali della Capitale A un’esperienza unica di integrazione sociale chiesti 242 mila euro di arretrati
I centri interculturali della Capitale A un’esperienza unica di integrazione sociale chiesti 242 mila euro di arretrati
Il meccanismo azionato dalla Corte dei Conti è inesorabile e colpisce uno dei più importanti centri interculturali della Capitale: il Celio Azzurro. Il 21 febbraio scorso è arrivata una raccomandata in cui si chiedono 242.585 euro di arretrati entro 30 giorni: gli ultimi sei anni di affitto in una struttura che sorghe nel parco di San Gregorio al Celio, a pochi metri dal Colosseo a 5.676 euro al mese (il prezzo di mercato), anziché i 1.135 euro pagati fino a oggi col canone calmierato e concordato con le amministrazioni. Che oggi se ne lavano le mani perché scelgono di non interferire con la macchina burocratica, una governance davanti alla quale la politica sembra impotente. Dopo l’approvazione della delibera voluta dalla giunta Raggi anche il Celio Azzurro, se non avrà versato quanto stabilito, non potrà partecipare al bando attraverso il quale i pentastellati ritengono di risolvere il caos provocato dalle precedenti amministrazioni. Un servizio fondamentale, e richiesto innanzitutto dalle famiglie, sarà cancellato dalla repressione amministrativa che sta sconvolgendo la vita sociale, culturale e politica romana.
Nato il primo giugno del 1990, in pochi anni il Celio Azzurro è diventato un luogo strategico per l’integrazione sociale dei bambini figli di migranti nati, o arrivati, a Roma. Questo spazio costituisce un «terzo ambiente»: dopo la scuola e la famiglia, ci sono i centri interculturali che sono diventati in quasi 30 anni luoghi speciali e unici in Italia. Oltre 3 mila bambini e adolescenti di ogni provenienza, in situazioni «difficili», si sono ritrovati in questi centri per studiare, imparare l’italiano, con operatori specializzati che li introducono al rifiuto del razzismo, alla parità sessuale e a detestare ogni forma di discriminazione. Nel deserto della città-vetrina oggi ci sono solo loro. L’ultima barriera prima della guerra di tutti contro tutti. E non sono rari i casi di ragazzi che sono entrati in questi centri, hanno ripreso la scuola, e oggi lavorano come operatori sociali.
Ieri a un sit-in di protesta davanti al centro hanno partecipato 200 madri e figli, operatori e politici. A sostegno anche il cantante Niccolò Fabi. Stefano Fassina (Sinistra Italiana) chiede l’annullamento della fatale delibera 140 voluta dalla giunta Marino. Presenti anche la presidente del I municipio, Sabrina Alfonsi e l’assessore alle Politiche sociali Emiliano Monteverde.
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