Fu tante cose in una il Processo alla Tappa, la trasmissione ideata e condotta da Sergio Zavoli, cui il gruppo arriva oggi a rendere omaggio a Rimini. Fu, ed è un aspetto poco conosciuto, una fucina di innovazione tecnologica applicata alla comunicazione di massa. Fu un momento intelligente, talvolta aspro, di critica sportiva, in un’epoca tra l’altro in cui il ciclismo italiano faticava a ritrovare protagonismo dopo il tramonto degli eroi, Bartali, Coppi e Magni (la prima puntata andò in onda nel ’62). Zavoli non tenne a battesimo soltanto personaggi pittoreschi, come Lucillo Lievore, ma campionissimi assoluti come Merckx, Gimondi, Adorni e Motta.

Ed il Processo fu, e rimane tutt’oggi, una lente gettata sull’Italia attraverso le corse in bicicletta. Un romanzo popolare per immagini. Erano gli anni decisivi del passaggio dal paese contadino al paese industriale, un fenomeno che già Malaparte aveva intravisto nella filigrana della rivalità tra Bartali e Coppi, ma che Zavoli e la sua trasmissione seppero illustrare come nessun altro. Non a caso, tra le tante personalità coinvolte ed ammaliate, figura Pasolini. Certo, era un altro ciclismo. Già declinava, assieme al pugilato, dalle prime pagine dei quotidiani, incalzato dal calcio. Il pallone non era però l’idrovora di oggi, il Giro non era rimpiazzato nell’attenzione dei media dalle cronache delle vacanze di veline e calciatori o dalle bramosie miliardarie dei loro procuratori. Si trattava di una vicenda ancora corale. Corale, ad esempio, la tragedia di Merckx, intervistato in lacrime da Zavoli sul lettino dei massaggi dopo lo scandalo doping che lo coinvolse nel ’69 ed attorniato da Gimondi e da tutti gli altri suo avversari in un gesto di pietosa solidarietà. Se la stessa corale umanità avesse accompagnato Pantani a Madonna di Campiglio, trent’anni dopo esatti, forse l’atleta sarebbe andato incontro ad un epilogo più dolce, e l’uomo sarebbe qui ad aspettare il gruppo.

L’epilogo fu, invece feroce, invernale e solitario, in un residence di Rimini. Se ne riparlerà giusto domani. È appunto Rimini che accoglie i corridori partiti da Porto Sant’Elpidio, in una tappa piatta come il mare che il gruppo costeggia per tutti i 182 chilometri della sua durata, fino all’attesa volata. Il copione che va in scena sul lungomare tra i gelati e le bandiere è quello di sempre, gli uomini di Démare prendono il controllo delle operazioni a un chilometro dell’arrivo e catapultano il loro capitano oltre il traguardo, che il francese varca prima di Sagan trionfando a braccia alzate.