«Un’invincibile estate», che diradi l’inverno e permetta il rigoglio delle forze interiori, così da avviarci tutti verso una re-esistenza, risvegliando la nostra capacità di meraviglia. È questo il bellissimo titolo – preso in prestito da Albert Camus – che la XVII edizione di Fotografia europea di Reggio Emilia (29 aprile – 12 giugno) ha scelto per una ripartenza solare nel tentativo di esorcizzare il periodo complesso che il mondo sta attraversando.

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GUARDANDO al futuro, Tim Clark e Walter Guadagnini, team curatoriale, hanno immaginato uno sparpagliato villaggio narrativo (tante le sedi: dai Chiostri di san Pietro, perno dell’affabulazione visiva imbastita per quest’anno, fino ai Musei civici, Biblioteca Panizzi, Collezione Maramotti, Galleria santa Maria, Palazzo Mosto, Spazio Gerra, Fondazione I Teatri, Chiostri di san Domenico), in un rincorrersi – mostra dopo mostra – di storie intime e universali.
Ad aprire i «giochi» sarà la grande antologica dedicata a Mary Ellen Mark (Chiostri di san Pietro, The Lives of Women, a cura di Anne Morin), fotogiornalista documentaria scomparsa nel 2015, prima Magnum, poi freelance, che ha esplorato la quotidianità difficile delle donne, sia di quelle rinchiuse negli ospedali psichiatrici dell’Oregon che delle minori in strada, come Tiny, adolescente «vagabonda» di Seattle (dal suo reportage Streetwise, pubblicato su Life nel 1983). Lei è la «maestra storica» di questa edizione, ma grande spazio sarà dato anche ai nuovi talenti, sia con i progetti dei vincitori dell’open call (Simona Ghizzoni, Gloria Oyarzabal, Maxime Riché) che con la collettiva ospitata ai Chiostri di san Domenico, dove espongono solo under 35 rispondendo a un titolo che apre a scenari fluidi e in mutazione: Possibile. Se poi molti di loro durante la pandemia sono scomparsi dai radar della politica, eccoli tornare sotto i riflettori grazie al reportage affidato a Jitka Hanzlova, incaricata di tastare il polso delle ultime generazioni, dopo due anni di vita «imbavagliata». Anche il Circuito Off del festival sarà un’altra piattaforma espositiva dove sperimentare il métissage continuo fra fotografi/e emergenti e professionisti di lungo corso.

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IL VENTAGLIO delle proposte di Fotografia europea è ricco e variegato e non dimentica il trentennale della scomparsa di Ghirri. Verrà ricordato con la rassegna In scala diversa, che parte proprio dalla sua serie – anni 70 e 80, con quell’Italia in miniatura da lui ritratta che insiste su immaginario e realtà.
Ai Chiostri di san Pietro, Nicola Lo Calzo riscoprirà la storia di Binidittu (il santo nero siciliano), mentre la fotografa iraniana Hoda Afshtar con il suo Speak The Wind offrirà ai visitatori i paesaggi del suo paese con un tocco surreale. Ci sarà anche dal Giappone Seiichi Furuya con il suo First trip to Bologna 1978 / Last trip to Venice 1985. Un’elegia per immagini delle esperienze vissute insieme alla moglie Christine, poi suicidatasi. Presso la Collezione Maramotti, si potrà visitare invece Bellum di Carlo Valsecchi: 44 immagini tratte dal lavoro del reporter ha passato tre anni a fotografare territori e costruzioni fortificate del nord-est italiano legati alla prima guerra mondiale.
Paese ospite, nelle sale di Palazzo Mosto, sarà la Russia. Selezionata in tempi più tranquilli, diviene oggi presenza scottante, pur se il piano culturale può mantenere aperte molte porte.