C’è chi ama ripetere che in Italia i tempi della giustizia sono biblici… balle! A quel tempo quando il Signore mandava un angelo a notificare, chessò, una sentenza d’assoluzione, il biondo pennuto arrivava in tempo e nessuno si faceva male. Fosse stato oggi, tra rinvii, cavilli, trasferimenti… l’angelo sarebbe arrivato da Abramo fuori tempo massimo e Isacco ci avrebbe rimesso la giugulare. Comprensibile quindi che per aggiustare le cose qui giù da noi, il Signore abbia unto il Cavaliere e il Cavaliere abbia unto il parlamento, così che dopo la votazione su Ruby Rubacuori nipote di Mubarak, fu votata pure la prescrizione. Ma Ruby non era nipote di Mubarak, direte voi, e la prescrizione era una delle tante leggi ad personam probabile, ma non dimenticate che a beneficiare di Ruby e della prescrizione furono, oltre a Berlusconi, anche una miriade di altri degni utilizzatori finali. E per dirla con Voltaire e Dell’Utri, sempre meglio un mafioso libero che un corruttore-puttaniere in galera. Ma da questo orecchio Dima e Dibba non ci sentono e il loro attacco di innocente giustizialismo compulsivo  punta in fin dei conti solo a rallentare lo sciogliersi dei 5 stelle al sole dell’Emilia Romagna. E i democratici? mah… dopo la fuga a destra di Renzi, quella al centro di Calenda e quella in avanti delle sardine, Zinga non sa più che pesci pigliare: se difende la prescrizione è come andare ad Arcore a mangiar merende; se la blocca aggiunge ai circa 970mila processi fuori legge già multati dall’Europa per durata eccessiva, qualche milioncino di ulteriori procedimenti in più. Gettando nelle già inzeppatissime patrie galere un ulteriore massa di detenuti in attesa di giudizio. Possibile mai, che tra il tutti fuori di caimana memoria e il tutti dentro di scuola grillina, non ci sia una terza via? A ben guardare potrebbe essere quella indicata dalla pupa che il bullo Salvini vorrebbe alla giuda d’Emilia e di Romagna. Quella volenterosa Lucia Borgonzoni che facendosi largo a gomitate in un’aula sorda e grigia, offriva fiera il petto alle telecamere con su stampata la scritta: PARLIAMO DI BIBBIANO, soffiando a pieni polmoni sulla brace precedentemente piazzata sotto le chiappe povero sindaco PD Carletti. Proprio quando, dopo cinque mesi di minacce di morte, di torture e di stupri rivolte a lui alla sua famiglia, la Cassazione gli aveva appena restituito l’onore e la libertà. Lungo? corto? me ne frego! l’importante è che il processo sia sommario.