Due inaugurazioni rimandate a distanza di poco tempo per la riapertura della Casa dei Vettii a Pompei non sono nulla al confronto di un’attesa durata vent’anni. Certo è, però, che i vertici del Parco hanno ritenuto assolutamente necessaria la presenza del ministro della Cultura per il sospirato taglio del nastro, avvenuto nella mattinata di ieri. D’altra parte, in mancanza di novità dalla Regio V – la miniera di scoperte «sensazionali» che dal 2018 ha consentito all’ex direttore del sito archeologico Massimo Osanna (attuale direttore generale dei musei) e all’ex ministro Franceschini di alimentare la propaganda sulla «rinascita» di Pompei e sull’eccellenza italiana nel campo della ricerca e della tutela – bisognava pur trovare un’occasione per la prima apparizione ufficiale di Sangiuliano nella «vetrina» vesuviana.

LA DOMUS – tra le più note agli specialisti per l’ampiezza delle architetture conservatesi e per la ricchezza dell’apparato decorativo – viene dunque restituita alla pubblica fruizione (nel 2016 ci fu una breve e parziale riapertura, ndr) dopo aver lungamente e silenziosamente giaciuto nel degrado. Scavata tra il 1894 e il 1896, la Casa dei Vettii apparteneva ad Aulus Vettius Conviva e ad Aulus Vettius Restitutus, probabilmente due liberti arricchitisi con il commercio del vino. Il nuovo progetto di restauro, avviato nel 2016 sotto la direzione di Osanna, ha riguardato sia il completamento delle coperture dell’edificio con l’impiego di tecniche e materiali moderni (tra gli interventi si segnala la sostituzione della copertura in calcestruzzo armato del peristilio con una tettoia a falde inclinate in legno lamellare e manto di tegole, secondo una ricostruzione filologica delle coperture antiche) che il restauro degli arredi del giardino e degli affreschi.

Rinnovata anche l’illuminazione delle pitture, con sorgenti Led di nuova concezione che generano fasci di luce con uno spettro molto simile a quello del sole. In relazione ai celebri dipinti parietali a tema mitologico ed erotico, si è provveduto a rimuovere lo strato di cera che, applicato durante i precedenti restauri con l’intento di preservare i colori, ne impediva invece una corretta lettura. Grazie a una complessa e minuziosa operazione è stato possibile recuperare lo splendore delle cromie originarie nonché svelare nuovi dettagli iconografici.

LE DICHIARAZIONI dell’invitato d’onore non si sono fatte attendere, anche se in verità il ministro ha ripetuto il refrain già ascoltato in novembre al momento della scoperta dei bronzi di San Casciano – di cui peraltro ha annunciato nei giorni scorsi un’imminente mostra al Quirinale -, basato sulla retorica dell’Italia quale «superpotenza culturale». Immancabile il riferimento al valore economico del patrimonio, sottolineato anche durante la recente visita di Sangiuliano al Colosseo. Insomma, cambiano i ministri ma le politiche per i beni culturali sembrano restare le stesse. Nel frattempo, lontano dai vernissage e dai circuiti battuti dal turismo di massa, con aperture di domus a macchia di leopardo, ampie porzioni di Pompei versano nell’abbandono. E non basta la carrellata di capolavori esposti attualmente nella Palestra, come in un negozio di antiquariato di lusso, a raccontare e valorizzare la storia della città sepolta nel 79 d.C. dall’eruzione del Vesuvio.