A Paskov chiude la miniera di carbone, crolla l’aristocrazia operaia
Repubblica Ceca La Okd detta condizioni capestro, minatori in rivolta
Repubblica Ceca La Okd detta condizioni capestro, minatori in rivolta
Si è concluso con un nulla di fatto l’incontro tra il presidente della Repubblica ceca Milos Zeman e il management della New World Ressources, multinazionale specializzata nell’estrazione del carbone nella Mitteleuropa ma con sede fiscale nei Paesi Bassi. Al centro del vertice è stata la chiusura del complesso minerario di Paskov, situato nella regione di Ostrava, il cuore d’acciaio della Repubblica ceca.
A metà settembre la New World Ressources e la sua controllata Okd hanno infatti annunciato la cessazione di ogni attività estrattiva entro la fine del prossimo anno nella miniera di Paskov. La chiusura porterà alla disoccupazione di circa tremila minatori e di altri ottomila impiegati nella filiera.
E gli effetti dell’annuncio non si sono fatti attendere. La settimana scorsa i minatori hanno dato vita a un lungo corteo di diverse migliaia di persone, occupando per un breve periodo la sede di Ostrava dell’Okd. Gli animi dei minatori sono stati esacerbati dal comportamento del management nella trattativa sul nuovo contratto aziendale: l’Okd ha infatti proposto un taglio netto del 20% degli stipendi dei minatori e la riduzione del Trattamento di fine rapporto da 12 mensilità a 3 mensilità previste dalla legge.
«Speriamo che non si arrivi ai suicidi, ma ormai molti minatori sono assolutamente disperati, – spiega la situazione sociale uno dei leader sindacali Rostislav Palicka – molti di loro hanno preso un mutuo per acquistare la casa oppure si sono caricati di debiti per comprarsi una macchina».
La rabbia dei minatori fa i conti anche con la desolante situazione occupazionale nella regione, dove il tasso di disoccupazione ufficiale supera il 10%. Inoltre con ogni probabilità un nuovo impiego rappresenterà per i minatori un sensibile calo del reddito. Nonostante siano ormai lontani i tempi in cui i minatori rappresentavano un’autentica aristocrazia operaia, ancora oggi essi continuano a godere di un welfare complementare notevole e i loro salari (1,2 mila euro mensili lordi in media) sono di gran lunga più alti rispetto agli operai specializzati.
Dal canto suo l’Okd sostiene che il calo dei prezzi del carbone sul mercato ha portato l’esercizio del sito di Paskov in una perdita netta di 1,5 miliardi di corone ceche all’anno. Tuttavia la multinazionale ha offerto di continuare le attività estrattive fino all’inizio del 2019, qualora lo stato si faccia carico delle perdite dal 2014 in poi. Una proposta rimandata al mittente dal nuovo governo di Jiri Rusnok, che tuttavia non brilla per proposte alternative.
Finora la classe politica ceca, che si sta preparando alle elezioni parlamentari di fine ottobre, è rimasta muta di fronte al grave problema delle miniere di Paskov. La destra rifiuta ogni intervento pubblico, mentre i partiti della sinistra hanno preso di mira l’azionista principale del Nwr, il finanziere Zdenek Bakala. «Negli ultimi anni gli azionisti della Nwr si sono distribuiti dei dividendi per 50 o 60 miliardi di corone, e il signor Bakala trova ancora il coraggio di chiedere soldi allo stato», s’infervora il vicesegretario dei socialdemocratici Lubomir Zaoralek.
Zdenek Bakala è tra gli uomini d’impresa più noti della Repubblica Ceca e possiede anche il principale quotidiano economico, l’Hospodarske Noviny. In qualche modo Bakala è l’impersonificazione dei mercati finanziari grazie al suo passato di banchiere d’investimento, che si muove in cerca di settori e di aziende capaci di produrre utili nel corto e medio periodo senza curarsi troppo delle prospettive a lungo termine e delle ricadute sociali.
Un modo di gestione aziendale applicato anche alla Nwr, le cui azioni hanno registrato un forte rialzo dopo l’annuncio della chiusura di Paskov. Per ennesima volta le pressioni dei mercati finanziari unite all’alta volatilità dei prezzi di carbone, che rende poco redditizia l’attività delle miniere di Paskov, rischiano di spezzare una società e di seppellirne il futuro per una manciata di dollari di profitti.
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