Prima a messa con Gianclaudio Bressa nella chiesa dei domenicani. Poi in abito nero al seggio nella scuola elementare Goethe in piazza della Madonna, giusto di fronte all’abitazione di Michaela Biancofiore (coordinatrice di Forza Italia e rivale nel collegio Bolzano-Bassa Atesina).

MARIA ELENA BOSCHI nella notte bianca elettorale si è divisa fra le prime proiezioni nazionali e i dati veri del Pd all’ombra delle Dolomiti. L’affluenza ai seggi sembrava incoraggiante (già il dato delle ore 19 in Alto Adige sanciva il 56,7%), tuttavia non così massiccia come nel 2013.
Da blindato il seggio parlamentare di «Meb» ha subito per settimane il fuoco incrociato: la minoranza che sbatte la porta e con Mauro Randi dà vita al gruppo «Bolzano Democratica» in consiglio comunale; Siegfried Brugger, leader dal 1992 al 2004, che definisce «un errore capitale» il sostegno della Südtiroler Volkspartei; l’incubo di Letizia Giorgianni, candidata di FdI e presidente dell’associazione «Vittime del Salva-banche», che la insegue fin dentro l’hotel.

L’ICONA DEL RENZISMO trionfante, a Bolzano, non ha avuto vita facile. Nemmeno quando Boschi si è presentata al fianco di Reinhold Messner in una sala a porte chiuse per un appuntamento più mediatico che popolare. L’alpinista ed ex europarlamentare dei Verdi si è speso addirittura per Maria Elena premier, tuttavia si è anche lasciato sfuggire un commento boomerang: «Il tedesco?

Lo parla peggio di una bambina di terza elementare…». Il M5S l’ha messa nel mirino senza tanti complimenti. Il deputato uscente Riccardo Fraccaro e la candidata Nuzzi hanno tuonato: «Fare campagna elettorale blindata con l’auto blu  e i privilegi da sottosegretaria è un atto assolutamente inaccettabile, degno della peggiore casta politica».
Maria Elena ha tirato dritto con un’agenda ben confezionata e, soprattutto, un tour sotto scorta. Da vera star del Pd renziano, si è sempre presentata con un look impeccabile da red carpet, il piglio di chi vive a palazzo Chigi e lo stile da avvocato che non si scompone mai.
Boschi ha selezionato le «spalle», come Maurizio Martina (ministro e vice segretario Pd) nella sala Mila a Campiglio: sul palco Leo Tiefenthaler della potente Bauernbund, cioè la Coldiretti tirolese, e Herbert von Leon delle Raiffeisen ovvero le 41 casse rurali.

VITTIMA DEL CLIMA BOLZANINO, l’emblema del patto Pd-Svp ha però annullato gli impegni. Ma in cambio si è spesa nella videointervista a Dolomiten: «Non ci interessa parlare di chi è uscito dal Pd.

Vogliamo dare voce a Roma alle richieste territorio, continueremo il lavoro di squadra come del resto è già successo in questi anni con il governo che ha riconosciuto l’autonomia speciale del Trentino Alto Adige. Ora contiamo, con Bressa, di svilupparla».
Stamattina si capirà, fino in fondo, quanto ha retto il cocktail elettorale di Boschi on the Edelweiss. Non solo i dem escono dalle urne con il peso netto, ma l’anomalia bolzanina comporta il rilancio «rossoverde» e bilingue nell’aggregazione di LeU. Ma misura sull’altro fronte i rigurgiti fascisti di italianità incarnati da Andrea Bonazza, consigliere comunale di CasaPound che il 14 dicembre scorso si è presentato in aula con la felpa targata SS Charlemagne…

DA QUESTE PARTI i risultati delle Politiche rappresentano solo il primo tempo: la partita cruciale si giocherà nel puzzle di intese, scambi, equilibri e candidature che in autunno decidono gli assetti delle due Province.
Lo statuto qui è più che speciale, perchè i due consigli provinciali danno automaticamente vita alla nuova assemblea regionale. La già traballante condizione del governatore uscente Ugo Rossi (Patt), del resto, è legata a filo doppio con l’operazione Maria Elena a Bolzano.