Si colora di giallo la saga dell’ex-presidente georgiano Michail Shakashvili. Ieri all’ora del pranzo è stato sequestrato, verosimilmente da uomini dei servizi di sicurezza ucraini, mentre pranzata in uno dei più noti ristoranti di Kiev. Secondo quanto riporta il sito ucraino Tsn.ua, Shakashvili sarebbe stato imbarcato su un aereo per Varsavia dove sarebbe arrivato alle ore 18 locali. La notizia sarebbe stata confermata da sua moglie e dalla polizia di frontiera dell’aeroporto Borysopol di Kiev. Il presidente ucraino Petr Poroshenko ha dichiarato subito «di non conoscere il destino di Shakashvili ma di essere convinto che per lui non c’è spazio nella vita politica ucraina».

Il politico georgiano era entrato in Ucraina illegalmente lo scorso 10 settembre, proprio dalla frontiera polacca, aiutato dalla deputata della Rada ed ex-premier ai tempi della «rivoluzione arancione» Yuliya Timoshenko. Shakasvili al momento del suo ingresso in Ucraina era ufficialmente apolide dopo aver perso prima la cittadinanza georgiana (paese in cui è ricercato per vari reati) e poi di quella Ucraina che gli era stata conferita dal presidente Poroshenko quando lo a aveva assunto in qualità di governatore di Odessa nel 2015. Un «riconoscimento» imposto dalla allora amministrazione Obama per il suo ruolo di provocazione nei confronti della Russia giunto fino al punto della dichiarazione di guerra dell’estate del 2008 che si concluse per la Georgia in un disastro militare e politico.

Dal momento del suo rientro in Ucraina aveva iniziato una vasta campagna politica in tutto il paese chiedendo le dimissioni di Poroshenko accusandolo di corruzione, di irresolutezza e di inettitudine nei confronti dell’«aggressione russa» nel Dobass. A questo proposito aveva creato un suo partito, il «Movimento delle Forze Nuove», probabilmente finanziato da ambienti di estrema destra del Congresso americano, che aveva organizzato manifestazioni e picchetti in tutto il paese. Il 5 dicembre scorso era clamorosamente riuscito a sfuggire all’arresto dei servizi di sicurezza ucraini grazie al pronto intervento del suo suo servizio d’ordine personale. Arrestato ancora durante le festività natalizie con l’accusa di aver promosso un movimento politico finanziato dall’ex presidente Viktor Yanukovich – spodestato dal potere dalla insurrezione reazionaria della Maidan nel 2014 – era riuscito a ottenere la libertà provvisoria dopo un prolungato sciopero della fame.

Ma la sua avventura potrebbe ancora non essersi conclusa. Da tempo Kiev e Varsavia sono ai ferri corti come dimostra la recente approvazione in Polonia della «legge anti-Bandera»: si tratta di capire ora cosa intendano farsene le autorità polacche di un simile ingombrante personaggio.