A Ginevra si riparte dalla bozza russa sulla questione del nucleare iraniano per il terzo round di colloqui del capo negoziatore di Tehran, il ministro degli Esteri Javad Zarif, con i 5+1 (esponenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite e la Germania). La soluzione sembrava a portata di mano già lo scorso 9 novembre ma le opposizioni francese e israeliana, prima di tutto, unite allo scetticismo degli ultra-conservatori americani e iraniani, avevano impedito all’ultimo momento la fine di un contenzioso che dura da dieci anni.
È ora in discussione un accordo rivisto che in sei mesi potrebbe comportare un alleggerimento delle sanzioni all’Iran in cambio della fine nell’avanzamento del programma nucleare. L’arricchimento dell’uranio nei reattori iraniani dovrebbe fermarsi alla concentrazione del 20%; il reattore ad acqua pesante di Arak dovrebbe essere ispezionato, chiuso o convertito; l’accordo prevederebbe, infine, il blocco delle 19 mila centrifughe, alcune di ultima generazione (Ir-2). Mentre verrebbero scongelati circa 50 miliardi di dollari, proventi della vendita del petrolio iraniano, fermi in banche europee.
Ma i colloqui coinvolgono altri dossier ancor più delicati: dal futuro dell’Afghanistan alla stabilità in Iraq, fino al ruolo iraniano nel sostegno al regime di Bashar al Assad. E che gli equilibri di Damasco siano sul tavolo negoziale lo dimostrano, da una parte, il grave attentato di Beirut all’ambasciata iraniana, che mercoledì ha causato oltre 20 morti, e, dall’altra, l’approssimarsi dei colloqui di Ginevra II per affrontare la crisi siriana. Che l’attentato di Beirut non sia arrivato per caso alla vigilia dei colloqui lo ha ammesso anche Zarif. Secondo molti osservatori, sarebbe proprio il sostegno del movimento sciita libanese Hezbollah al riavvicinamento tra Tehran e Washington a creare scetticismo tra i negoziatori.
Tuttavia, a favorire le possibilità di un accordo, devono essere tenute in giusto conto le recenti dichiarazioni dell’Agenzia internazionale dell’energia atomica (Aiea), secondo la quale Tehran avrebbe finalmente rallentato l’espansione del suo programma di arricchimento dell’uranio. Ma che la strada possa essere di nuovo in salita lo dimostrano i paletti messi da Ali Khamenei. «Non arretreremo nemmeno di una virgola dai nostri diritti», ha tuonato la guida suprema ieri, incontrando migliaia di gruppi paramilitari basiji a Tehran. Il leader iraniano ha poi condannato la posizione francese senza mezzi termini: la Francia «non è solo succube degli Stati uniti, ma si è anche inginocchiata davanti al regime israeliano». Dal Quay d’Orsay sono arrivate però dure critiche alla consueta retorica iraniana anti-israeliana, definita «inaccettabile» e foriera di complicazioni in sede negoziale. Da Parigi si sottolinea che gli iraniani non vorrebbero accettare un riferimento esplicito nella bozza di accordo alla fine dell’arricchimento dell’uranio e alla necessità che il reattore di Arak venga chiuso.
Ma le critiche all’ostruzionismo francese sono venute anche da decine di migliaia di parlamentari iraniani che hanno raccolto firme per chiedere di proseguire nell’arricchimento dell’uranio. Non solo, centinaia di studenti universitari si sono riuniti intorno all’impianto di Fordo, vicino Qom, per formare una catena umana a sostegno del programma nucleare della Repubblica islamica. I giovani ultraconservatori hanno chiesto di resistere di fronte alle «richieste eccessive» di alcuni paesi. Anche Ali-Akbar Salehi, capo dell’Organizzazione iraniana per l’energia atomica, si è unito ai manifestanti e ha ribadito che gli iraniani «non abbandoneranno mai la produzione di combustibile nucleare».
Dal canto suo, il presidente degli Stati uniti, Barack Obama ha chiesto ai parlamentari di non imporre nuove sanzioni all’Iran mentre sono in corso i colloqui. Anche alcuni senatori repubblicani, tra cui Earl Blumenauer, hanno parlato di passi incoraggianti dell’Iran in un contesto di instabilità in Medio oriente. Obama, tuttavia, ha assicurato che gli Stati uniti «mantengono tutte le opzioni» sul tavolo e sono pronti a confermare le sanzioni.
Il gioco delle parti continua, con una novità non da poco. Ieri il quotidiano israeliano Haaretz ha parlato del riavvicinamento di Roma e Londra a Tehran. Il primo ministro britannico David Cameron ha sentito, in una storica conversazione telefonica, il presidente Hassan Rohani. Ma anche l’incontro a Roma di mercoledì tra il ministro degli Esteri italiano Emma Bonino e il suo omologo Zarif è nel segno del riavvicinamento, dopo anni di gelo tra Roma e Tehran, voluto dai governi Berlusconi. In seguito ai colloqui Bonino ha espresso «cautela», definendo i negoziati di Ginevra un’«occasione storica» per arrivare a una chiusura del controverso dossier nucleare di Tehran.