Genova è la terza città italiana ad entrare in Fairbnb, dopo Bologna e Venezia, ma trattandosi della prima realtà territoriale in cui non è presente nessuno dei co-founder del progetto, rappresenta di fatto il primo esperimento puro della piattaforma alternativa a Airbnb. «Qui nel centro storico le conseguenze del boom degli affitti brevi si fanno sentire moltissimo, soprattutto sulla vivibilità: i vecchi residenti se ne vanno, si perdono le relazioni, chiudono i negozietti storici e aprono a raffica piccole e grandi catene che marcano il modello della città omologata e omologante».

Simone Savona è il vice-presidente di Focus, una cooperativa locale che si occupa in particolare di reinserimento lavorativo di soggetti deboli. Tra le attività principali c’è quella delle pulizie negli appartamenti, molti dei quali sono proprio ad uso turistico breve. «Con il nostro lavoro assistiamo da tempo, inermi, allo spopolamento del centro e al suo snaturamento» racconta. «L’affitto breve è più redditizio e sicuro, ma questa vetrinizzazione del centro a uso e consumo dei turisti ha trasformato la città in un luogo poco vissuto e vivibile dai cittadini, soprattutto da ottobre ad aprile».

Il portale ufficiale del turismo VisitGenoa ha censito circa 400 appartamenti utilizzati per gli affitti brevi, ma su Airbnb in realtà ce ne sono circa 1700, di cui solo il 56% appartenenti a mono proprietari. «Ci siamo chiesti cosa potevamo fare. Poi abbiamo scoperto Fairbnb e ci siamo proposti come nodo locale». I primi proprietari contattati hanno risposto con entusiasmo. «Dopo averne verificato la liceità, ne abbiamo coinvolti una decina come ci è stato chiesto da Fairbnb. Diffondere l’idea in modo capillare sembra piuttosto semplice dal momento che sono molti gli host che vorrebbero evitare di vedere i profitti derivanti dalla loro attività nelle mani delle grandi piattaforme straniere e sarebbero felici invece di sostenere delle iniziative locali».

Simone e gli altri hanno individuato due progetti sociali da proporre ai proprietari e ai turisti, che saranno finanziati attraverso le prenotazioni. Il primo riguarda proprio chi soggiorna nel centro storico e regala un’esperienza realmente immersiva: i viaggiatori potranno supportare e partecipare direttamente alle attività del Laboratorio Mediterraneo Lab Med dell’associazione Nuovi Profili, che offre servizi di orientamento in ambito lavorativo e amministrativo ai cittadini del Sestiere della Maddalena. Lab Med è uno spazio che ospita laboratori per grandi e piccoli, soprattutto di teatro e musica, con tanto di museo dedicato agli strumenti delle tradizioni di tutto il mondo, il Mu.Vi.Sono (Museo Vivo dell’oggetto Sonoro).

Il secondo progetto sostiene il Centro Recupero Eccedenze Alimentari (C.R.E.A.) promosso dalla Comunità di San Benedetto al Porto, quella di don Gallo per intenderci, che quotidianamente recupera frutta e verdura dai mercati cittadini e le ridistribuisce alle famiglie in difficoltà. Solo nel 2018 sono state riportate in vita 100 tonnellate di frutta e verdura, poi consegnate a circa 150 nuclei familiari in condizioni disagiate, in particolare della Valpolcevera. Un’esperienza non certo marginale, ma un intervento sostanziale in un pezzo di città già storicamente difficile, dove i tassi di disagio e povertà sono tra i più alti, e che dopo la tragedia del ponte Morandi si è visto ulteriormente marginalizzato. «Questo progetto usufruiva già dei finanziamenti di un altro progetto della stessa comunità, la Fabbrica del Riciclo, che recuperava mobili, li restaurava e poi li rivendeva. Avevano un magazzino proprio sotto le campate del ponte: è stato completamente sepolto, hanno perso tutto. Per questo abbiamo pensato a loro».

Simone e la sua cooperativa ora stanno cercando un dialogo con le istituzioni. «Abbiamo aperto un tavolo di confronto con Genova Città Metropolitana per aprire i progetti anche ad altre zone della città non turistiche, soprattutto quelle dell’entroterra. Per veicolare le informazioni sui siti istituzionali, spiegare le opportunità e raccogliere le esigenze del territorio». Intanto, dall’1 giugno la Regione Liguria – tra le prime in Italia – ha introdotto come obbligatorio l’uso del cosiddetto codice CITRA, un codice identificativo per gli appartamenti a uso turistico, anche breve, che serve da un lato a tutelare i turisti e dall’altro ad evitare abusivismo, evasione fiscale e concorrenza sleale da parte degli host.

La direzione è quella in cui sembrerebbe andare anche il governo, che nel Decreto Crescita ha inserito la creazione di una banca dati di tutte le strutture ricettive, che dovrebbe essere operativa a partire da agosto, e l’introduzione dell’obbligo di un «bollino di qualità», con una stretta sulla tassa di soggiorno. Ad ogni casa in affitto verrà assegnato un codice identificativo che dovrà obbligatoriamente comparire sugli annunci pubblicati sui vari portali di booking.

I dati saranno poi comunicati automaticamente all’Agenzia delle entrate, rendendo più agevoli i controlli. Senza il codice non sarà possibile pubblicare le offerte di affitto, pena sanzioni da 500 a 5mila euro per annuncio a carico del portale.