«Non ne sapevamo niente». Il comunicato stampa diffuso ieri mattina dal Comune di Genova dopo lo sgombero del Laboratorio sociale Buridda è stato recitato come un mantra dalla giunta Doria o, quantomeno, dagli assessori che si sono resi reperibili. Sì perché il sindaco, in trasferta a Roma per la delicata vertenza Piaggio, non ha commentato neppure a distanza la nuova e pesante frattura con la città, dopo l’affaire De Gennaro. Quella di Doria e, sulla carta, la giunta più a sinistra che abbia mai amministrato la città della Lanterna.

Il Laboratorio sociale Buridda è, o meglio era, uno spazio sociale attraversato da undici anni da realtà di ogni tipo. Un luogo da sempre aperto alla città dove fino a ieri avevano sede laboratori artistici, una palestra di formazione circense, una di boxe, una sala di posa, un laboratorio di serigrafia e di grafica, una sala di teatro, cinema, presentazioni di libri. Genovesi, e non, hanno affollato gli spazi di via Bertani per il festival delle autoproduzioni o per l’appuntamento più atteso, il Critical Wine.

L’ex sede della Facoltà di Economia e Commercio di via Bertani, la cui proprietà era passata al Comune di Genova poco dopo l’occupazione del 2003, è uno spazio di circa 6 mila metri quadri in uno dei quartieri «bene» della città. Commercialmente è molto appetibile. Un vero «tesoretto» per le casse sempre vuote di Tursi se fosse riuscito a venderlo. Anche per questo la giunta dell’ex sindaco Marta Vincenzi iniziò nel 2010 una trattativa con i centri sociali genovesi che prevedeva alcuni spostamenti e «regolarizzazioni». Per la Buridda era previsto il trasferimento negli spazi dell’attuale mercato ittico di Piazza Cavour, una volta che il mercato fosse stato spostato altrove.Con il cambio di giunta, il percorso si è interrotto.

Il Comune di Genova sostiene di non avere più i soldi per trasferire il mercato. L’assessore alla Legalità e ai Diritti Elena Fiorini ha proposto agli occupanti di «accontentarsi» dei piccoli locali sopra al mercato. La proposta è stata rispedita al mittente. «Trattativa arenata su posizioni troppo diverse» ha confermato l’assessore. A fine 2012 è arrivato il decreto preventivo di sequestro dell’immobile firmato da un giudice ormai in pensione e rimasto per oltre un anno e mezzo sulla scrivania del Questore. Nel frattempo, due aste per la vendita dell’edificio sono andate deserte. «È successo che il Pd ha preso il 41% dei voti» rispondono i ragazzi del Buridda.

Martedì scorso, nel comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica a cui hanno partecipato il sindaco di Genova Marco Doria e l’assessore Fiorini, la «pratica» Buridda è riapparsa magicamente sul tavolo. Da Tursi giurano: «Non sapevamo che avessero intenzione di sgomberare oggi». Secondo alcune indiscrezioni, sarebbe stato proprio il sindaco a dare l’ok allo sgombero. Indiscrezioni pesanti, che hanno fatto il giro della città scatenando ironia e indignazione. Il vice sindaco Pd Stefano Bernini, a sgombero ancora in corso, ha affermato che per il Buridda «oggi il compratore c’è». Dichiarazioni che hanno scatenato la rabbia dei giovani dei centri sociali.

Nel pomeriggio hanno dato vita a un lungo corteo per le vie del centro con un mini blitz finale al circolo del Pd del centro storico: un portone aperto a calci, diverse scritte e qualche sedia rovesciata. Pochi danni, ma un messaggio chiaro: l’obiettivo della protesta resta il sindaco, accusato di aver «tradito» le istanze sociali di cui sembrava essersi fatto portatore e di non essere capace di instaurare un vero dialogo con la città. «Marco Doria come Scajola, neanche lui lo sapeva» uno degli slogan lanciati dal corteo. «Questo è uno di quei momenti dove manca la voce e non solo di Don Gallo – ha commentato Domenico Chionetti della Comunità di San Benedetto – un vuoto difficile da colmare , ma è chiaro da che parte stare».