Nell’antisala della mostra ci sono due grandi illustrazioni che ritraggono i protagonisti del percorso espositivo, l’uno di fronte all’altro: da una parte, l’immagine classica del profilo di Dante del Botticelli, dall’altra quello surrealista di Dalí. Un’associazione proposta dall’Istituto italiano di cultura di Barcellona e dalla Fundació Gala-Salvador Dalí nell’esposizione delle illustrazioni fatte dal pittore catalano della Divina Commedia, inaugurata nel Teatro-Museo Dalí di Figueres, all’interno delle celebrazioni che riguardano i 700 anni dalla morte del poeta.

«Le illustrazioni di Dalí della Divina Commedia sono tra le più significative del XX secolo. Ci sembrava importante associare Dante a uno dei simboli della cultura spagnola ancora di grande attualità. L’artista è un testimone di Dante di valore mondiale – ha spiegato Lucio Izzo, direttore dell’IIC – La tradizione di studi danteschi in Spagna è molto forte: le prime due traduzioni della Divina Commedia in lingua straniera sono state fatte nel 1424 in castigliano in una versione in prosa e l’anno successivo in versi, in lingua catalana. Ma l’associazione tra Dante e Dalí arriva anche al grande pubblico, perché Dalí è ancora una icona della cultura pop».

La mostra, curata da Juliette Murphy, propone sette acquarelli originali dell’artista, uno dei quali inedito (gli altri sono andati dispersi), cento stampe originali fotoincise in rilievo con tecnica silografica e alcune riproduzioni realizzate con litografia dal Poligrafico dello Stato, di dimensioni simili ai disegni originali, occupando l’intera pagina.

DI RITORNO DAL SUO VIAGGIO e permanenza negli Stati Uniti, Dalí si applicò all’opera di illustrare la Divina Commedia a partire dal 1949, quando ne fu incaricato dal Poligrafico dello Stato, in vista delle celebrazioni dei 700 anni della nascita del poeta. «L’incarico del governo italiano rappresentava un riconoscimento del massimo livello per lui, perché si sentiva messo alla stessa altezza dei grandi maestri del Rinascimento, soprattutto del Botticelli», ha commentato Murphy.

Nel 1954, gli acquarelli furono esposti a Roma e successivamente a Venezia e Milano. Il contratto col governo italiano fu però rescisso prima del completamento dell’opera, forse per l’altezza del compenso, corrisposto in più a un artista straniero, o forse per alcuni disegni considerati scandalosi. «Bisognerebbe basarsi su documenti – ha sottolineato Izzo – e i termini del contratto col Poligrafico dello Stato non sono mai stati resi pubblici. Di certo l’opera fu molto apprezzata da papa Pio XII e in generale negli ambienti cattolici, quindi la polemica sul presunto scandalo fu molto limitata e si spense subito».

VENUTO MENO il progetto italiano, nel 1960 l’editore francese Joseph Forêt pubblicò le cento illustrazioni dei disegni di Dalí in un’edizione di lusso con tiratura limitata, mentre Les Heures Claires ne fece un’edizione popolare in più volumi. Qualche anno più tardi ci fu la prima pubblicazione italiana degli acquarelli, l’unica edizione con le tavole a grandezza naturale.

DALÍ ERA AFFASCINATO quasi fino all’ossessione dalla Divina Commedia, «la conosceva fin da piccolo, com’è documentato dal fatto che una delle illustrazioni tragga ispirazione da un libro della sua infanzia», ha raccontato Murphy. La Divina Commedia rappresenta lo specchio della sua evoluzione spirituale. Sia per gli evidenti parallelismi tra i due artisti in relazione all’amore platonico – Dante per Beatrice, Dalí per Gala -, che «per la ricerca di se stesso» compiuta da Dalí nella sua tappa americana. «E questa ricerca di sé per andare oltre se stesso è qualcosa che con la Divina Commedia ha molto in comune».