Il Grande Fratello c’era già. Anche prima del decreto attuativo del Jobs act e delle polemiche sui controlli a distanza ora legalizzati, la Manpower all’Expo di Milano controllava (e controlla) presenze e spostamenti dei lavoratori da lei assunti.

A centinaia di persone che operano in vari padiglioni dell’Esposisione universale è stato richiesto di scaricarsi sui propri telefoni una App (di nome PeopleLink o People Time map a seconda del gestore telefonico) che Manpower ha commissionato mesi fa in grado, tramite l’indirizzo di posta elettronica fornito in fase di assunzione – e quindi la propria mail personale – non solo di essere utilizzata come Badge per controllare ingresso e uscita dal lavoro, ma – tramite la connessione al Gps – di sapere costantemente dove siano i lavoratori. In più l’applicazione consentirebbe di entrare nelle memorie file dei telefoni mettendo a rischio l’intera privacy dei lavoratori stessi.

Nelle Guide consegnate da Manpower ai lavoratori assunti si specifica che «per attivare i sistemi di timbratura è necessario utilizzare la propria email personale, ovvero quella comunicata a Manpower in fase di assunzione». E ancora: «Per poter far funzionare l’App in maniera corretta è necessario attivare il Wi-Fi o il Gps».

La denuncia arriva dal Nidil Cgil di Milano su segnalazione di decine di lavoratori con varie mansioni che operano sui vari padiglioni. Ma la pratica riguarderebbe tutti gli assunti all’Expo da Manpower. NidiL Cgil, Felsa Cisl e Uiltemp hanno contestato alla Manpower la pratica, la violazione della privacy e l’omessa comunicazione ai sindacati e ai lavoratori facendo riferimento all’articolo 4 dello Statuto dei diritti dei lavoratori – appena stravolto dal Jobs act – che vietata la pratica dei controlli a distanza. La risposta di Manpower – che comunque si è detta disponibile ad un incontro – è di qualche giorno fa e sostiene il totale rispetto della legge facendo poi esplicito riferimento alla nuova normativa del governo. Una risposta che, sebbene scritta dopo la pubblicazione dei testi del decreto sui nuovi controlli a distanza, lascia un legittimo sospetto: Manpower conosceva già il testo del governo o addirittura lo ha suggerito?

Intanto non si placano le polemiche su altre parti del decreto attuativo riguardante le cosiddette “Semplificazioni”. Le associazioni dei disabili hanno denunciato la possibilità per le aziende di assumere persone con disabilità ricorrendo alla chiamata nominativa, lasciando dunque mano libera alle imprese, non rispettando i criteri oggettivi di legge, con le aziende che ne potrebbero approfittare per assumere le persone con disabilità meno grave a scapito di quelle con disabilità più gravi.

A tal proposito ieri il ministero del Lavoro in una nota ha precisato: «Nessuna discriminazione verso i disabili, al contrario il decreto Semplificazioni incentiva le assunzioni dei disabili più gravi». Il decreto, spiega la nota, «prevede la possibilità, per i datori di lavoro, di ricorrere alla chiamata nominativa all’interno delle liste speciali stilate dai centri per l’impiego». «L’intervento normativo, che è stato preceduto da un confronto approfondito con le principali associazioni dei disabili, si è reso necessario – precisa il ministero del Lavoro – perché il sistema della chiamata numerica, come tutti sanno, non ha funzionato». «La disciplina vigente – la legge 68/1999 – prevede solo in forma parziale, per i datori di lavoro, l’obbligo di chiamata dei disabili secondo l’ordine di graduatoria delle liste speciali: il 50% per i datori di lavoro che occupano da 36 a 50 dipendenti, il 40% per i datori che ne occupano più di 50». «Già oggi, quindi, può essere effettuata la scelta nominativa nell’ambito delle convenzioni di inserimento lavorativo», conclude la nota.

«Si arrampicano sugli specchi per giustificare l’ingiustificabile – attacca Virginio Massimo, presidente dell’associazione “Nessuno escluso” per l’inclusione sociale dei disabili psichici – . Il punto messo in discussione è che la chiamata nominativa diventa l’unico modo per assumere perché in linea di principio l’impresa può scegliere il disabile. La critica alla legge attuale che non è applicata l’abbiamo fatta noi per primi ma la soluzione del governo è invece sostenere che non è applicabile e dare mano libera all’impresa», conclude.