Civitavecchia paga 70 anni di inquinamento con una densità di centrali a carbone con pochi eguali al mondo: tre nel giro di poche decine di chilometri. Per questo l’idea di riconvertire tutte le tre centrali a gas ha compattato nell’opporsi l’intera cittadinanza. Ora, dopo anni di «ricucitura» da parte della Cgil con la segretaria Stefania Pomante, il progetto per alimentare la centrale Enel di TorrevaldaligaNord – la più vicina alla cittadina dell’alto Lazio – grazie a turbine eoliche poste a 30 miglia dalla costa è condiviso da sindacati, associazioni ambientaliste, imprenditori e perfino il sindaco civico-leghista Ernesto Tedesco. E nel giro di qualche mese sarà discusso col ministero della Transizione ecologica.

Il «modello Civitavecchia» è un caso che dovrebbe far scuola in Italia. E questo si propone di fare la Cgil nei prossimi mesi.
Ieri ha tenuto un convegno on-line dal titolo “Civitavecchia oltre il fossile” a cui hanno partecipato tutte le realtà sociali, economiche e istituzionali del territorio. Il piatto forte è il progetto dell’ingegner Luigi Severini il cui intervento è terminato con una slide fin troppo eloquente: la centrale di Torrevaldaliga senza comigliolo e dunque senza emissioni. Dopo tre progetti simili già attivati, lo studio Severini ha messo a punto un piano dettagliato per piazzare 27 turbine a galleggiamento che possono produrre 270 mega Watt che alimenterebbero l’attuale centrale grazie allo stoccaggio di energia.

Molto importante poi il coinvolgimento del porto con il presidente dell’autorità Pino Musolino «aperto al progetto» così come il progetto Zephiro del chimico Franco Padella sull’uso dell’idrogeno per alimentare le banchine e anche le navi mentre l’esperto Alex Sorokin vede Civitavecchia come «un hub per assemblaggi delle turbine e manutenzione» come Bremenhaven in Germania e Esbjerg in Danimarca, vera nazione guida nell’uso delle energie rinnovabili. Quasi sorprendenti le posizioni progressiste a favore del progetto del presidente di Unindustria Cristiano Dionisi, di FederLazio, di Cna e di Legacoop.

Ad essere protagonisti del progetto sono stati anche gli studenti di Civitavecchia: «La nostra visione futura non prevede il gas, la lotta al cambiamento climatico deve essere unita a un futuro occupazionale», spiega il giovane Mattias Mancin di Civitavecchia bene comune.
Se Sandro Calmanti in sostituzione dell’assessore regionale alla Transizione Roberta Lombardi (M5s) conferma il totale appoggio al progetto e ricorda la legge regionale che vieta la costruzione di nuove centrali a gas, Mario Agostinelli di Laudato si’ rivendica come «con la lotta e l’unità si è riusciti a confutazione della posizione di Enel». Una lotta portava avanti grazie all’impegno di Legambiente, del Wwf e Greenpeace, presente con Giuseppe Onufrio.

A mettere assieme queste realtà in una «task force» è stata la nostra instancabile Luciana Castellina che ieri mattina commentava: «Oggi è una bella giornata, siamo tutti a favore dopo un lavoro lungo, una svolta reale con una strategia chiara. L’eolico come tutte le energie rinnovabili è un bene comune mentre va ricordato che il gas attuale è più che sufficiente per la transizione energetica nel nostro paese».

A tirare le fila del dibattito è stata la vicesegretaria della Cgil Gianna Fracassi che ha lodato l’esempio di Civitavecchia perché «capace di capovolgere il paradigma e creare un nuovo modello di sindacato che si è fatto cerniera per una grande alleanza sociale coniugando ambientalismo e lavoro: useremo questo potenziale democratico per una iniziativa nazionale sul tema», ha concluso Fracassi.

La Cgil, dopo l’iniziale scontro fra la Fiom che ha scioperato contro la riconversione a gas e gli elettrici della Filctem preoccupati di salvaguardare i posti di lavoro per caricare il carbone al porto, ha ricucito le posizioni con un lungo ascolto arrivando a condividere il progetto con tutte le realtà sociali.

Il convitato di pietra Enel però non sembra cambiare idea. Nemmeno dopo che il Sole24Ore ha anticipato come i costi della riconversione a gas non potranno essere coperti dai fondi Ue su cui invece le imprese contavano, effetto collaterale della «tassonomia» che prevede livelli di inquinamento troppo bassi per le tecnologie attuali. «Enel non ha intenzione di ricorrere a fondi europei», fa sapere l’azienda ribadendo i concetti espressi dall’ad Francesco Starace a novembre: «Enel non investe in eolico off shore perché non la considera una tecnologia matura».