Una piazza Maggiore densa, felice e colorata di rosso saluta festante Alexis Tsipras, mentre scorrono i titoli di coda di una diretta che esiste solo nei sogni di chi crede ancora alla democrazia televisiva. Par condicio, chi era costei? Eppure, alla vigilia di un voto che interesserà qualche centinaio di milioni di cittadini europei, sarebbe un buon modo per fare servizio pubblico. Per cercare di rimediare ai richiami della pur prudentissima Autorità per le comunicazioni, di fronte al diluvio di Renzi-Grillo-Berlusconi su ogni canale, ad ogni ora del giorno e della notte. Anche solo per derubricare a notizia curiosa e inconsueta l’immagine, davvero rara per le telecamere ad alta definizione, della sinistra italiana che si ritrova compatta in uno dei suoi luoghi simbolo. Incitando a un voto per un domani diverso e migliore: “Perché siamo a un bivio storico per l’Europa – avverte Tsipras – e abbiamo una sola possibilità di evitare che l’austerità, da esperimento, diventi regime”.

Andrà ringraziato a lungo questo ingegnere quarantenne dalla bella faccia pulita e le idee chiare: “Lo dipingono come un pazzo estremista – segnala Barbara Spinelli – eppure un autorevole commentatore del Financial Times ha scritto che Tsipras è uno dei pochi a parlare di Europa in modo razionale”. Conosce anche la storia di questa piazza: “Qui hanno parlato Palmiro Togliatti ed Enrico Berlinguer – ricorda fra gli applausi di oltre 10mila manifestanti – e qui, oggi, ridiamo a Bologna il suo colore rosso”. Troppo tardi? Forse no, se Antonella Bezzi, che era in piazza quando Carmelo Bene prese per mano la città dopo la strage fascista alla stazione, questa notte resta addossata alle transenne a dispetto dell’età, e dice tutto d’un fiato: “Sì che mi è piaciuto, perché questo movimento nato intorno a Tsipras mi dà la possibilità di credere di nuovo nella sinistra. Dopo molti anni è la prima volta che sento un po’ di entusiasmo, e lui ha una faccia che ispira fiducia. E’ il benvenuto. Perché, con l’incazzatura che c’è a giro, è facile votare per Grillo”.

Al banchetto del manifesto raccontano che sono stati venduti parecchi libri e poche magliette. Per loro è il segno di una piazza più di militanti che di curiosi. Le centinaia di bandiere distribuite a chi è venuto in pullman dalla Toscana, dalla Lombardia e dalle altre città dell’Emilia Romagna danno il segno dell’organizzazione.

Ma ai lati del palco, ai tavolini dei bar e negli spazi più lontani e defilati ci sono bolognesi di ogni età. Arrivati dopo cena non per dare un’occhiata distratta e passare via, ma rimasti ad ascoltare fino alla fine. Magari colpiti dal clima, da un’atmosfera che questa notte non ha l’odore della ritualità. Forse anche da un’osservazione, fra le tante, che porta in dono a Tsipras l’ennesimo applauso corale: “In tutta Europa, la sinistra unisce il popolo del lavoro e della cultura”. Contro i fascismi: “Nell’Europa democratica non c’è nessuno spazio per Alba Dorata, per Forza Nuova, per Casa Pound”. E contro “un sistema che sta cancellando il lavoro ma ha destinato un triliardo e mezzo di euro per salvare le banche. Un sistema che, come ha raccontato in un libro l’ex ministro americano del tesoro Geithner, è riuscito a sostituire governi democraticamente eletti con tecnocrati, sia in Grecia che in Italia”.

Sullo striscione più bello della piazza c’è scritto: “Votiamo per la nostra vita”. Tsipras lo vede, e insiste: “Siamo a un bivio storico, per questo chiediamo a ogni cittadino di andare a votare. E le prime vittime di questa crisi, i giovani e le donne, siano i primi che vanno a votare”. Perché, con una citazione di Antonio Gramsci che non è messa lì per caso, attaccata con un pezzo di scotch, ma invece coglie l’attimo: “L’indifferenza è il peso morto della storia. La influenza passivamente. Ma la influenza”.

Chiusura a pugni chiusi, con Bella Ciao e con i candidati sul palco. C’è Moni Ovadia, che strappa ancora un applauso con la battuta fulminante: “Nel segreto dell’urna Renzi non ti vede, Berlinguer sì”. Poi Paola Morandin, Curzio Maltese, Fabio Amato, Nanni Alleva e gli altri. Compreso l’operaio d’acciaio Massimo Lami, piombinese, il fratello di sinistra di Mirco: “Lo vogliamo dire o no che in questo paese la acciaierie stanno chiudendo perché non c’è uno straccio di politica industriale? Chi le compra Taranto, Piombino, Terni? Nessuno. Allora le deve prendere lo Stato, alla faccia della signora Merkel che ha detto che l’acciaio non deve più essere fatto in Italia. Invece questi non si rendono conto che ci stanno massacrando, che si stanno perdendo mille posti di lavoro ogni giorno”. Sembra fargli eco Alexis Tsipras: “Questa è la protesta pericolosa per il sistema. Non quella di Beppe Grillo”. Appunto per questo non c’è la televisione.

 

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