Johannesburg, Sudafrica. 1981. Ero giovane, quindici anni appena. Catapultato «laggiù», dal 1978, nel bel mezzo di un Paese in cui vigeva l’apartheid. Io, italiano, «romano de Roma», figlio di diplomatici ho visto tanto, troppo; veramente troppo. Autobus per soli bianchi, parchi per soli bianchi, bagni pubblici per soli bianchi, panchine per soli bianchi, supermercati per soli bianchi, scuole per soli bianchi, ristoranti per soli bianchi, ospedali per soli bianchi, piscine per soli bianchi: tutto per soli bianchi. Migliaia le scritte, «Europeans only», ovunque. Vengono i brividi a ripensarci, cartelli con «Soltanto per Europei», in Africa! Impressionante pensarlo oggi a 51...