Nello scontro interno al Movimento 5 Stelle è arrivato il momento di quella che in gergo si chiama «shitstorm», la tempesta di letame via social, contro Luigi Di Maio. Cioè una valanga di messaggi con l’hashtag #DiMaioOut, soprattutto via Twitter, con cui migliaia di utenti chiedono la cacciata del ministro, accusandolo di slealtà nei confronti di Giuseppe Conte. Secondo alcuni sarebbe frutto di account finti, dunque non della mobilitazione virtuale di utenti in carne e ossa. Altri esperti non vedono segnali di allarme. Anche su questo, come sulla ricostruzione della forzatura sulla candidatura al Quirinale di Elisabetta Belloni, è scoppiata guerra di dossier: le due parti in campo fanno circolare analisi tecniche diametralmente opposte e il fatto che molti centristi esprimano la loro solidarietà a Di Maio è motivo di sospetti ulteriori di intelligenza con altre forze politiche.

È L’ENNESIMA PROVA del fatto che lo scontro che fino a pochi giorni fa era negato da molti nel M5S ormai divampa quotidianamente. Le parti contendenti compilano le liste degli schieramenti, elenchi con i parlamentari collocati nei rispettivi fronti. Ne è circolata una dei sostenitori di Di Maio, abbastanza consistente. È bastato però scorrere i nomi per accorgersi che era poco credibile: includeva anche eletti ormai fuori dal M5S oltre che parlamentari che non sono vicini alle posizioni del ministro degli esteri. La realtà è che al momento sostengono Di Maio in maniera netta soltanto una quindicina di eletti. Tra di essi Manlio Di Stefano, braccio destro (e sottosegretario) alla Farnesina. C’è il presidente commissione politiche Ue alla camera Sergio Battelli. E la sottosegretaria al Sud Dalila Nesci, già fondatrice del think tank Parole Guerriere, che ieri ha espresso solidarietà a Di Maio: «Avanti Luigi, siamo al tuo fianco». Sembra invece si sia allontanato Stefano Buffagni, che era l’ufficiale di collegamento verso le imprese del nord quando Di Maio era capo politico del M5S.

TUTTAVIA, una vera e propria scissione non sembra all’ordine del giorno. Per scatenare un evento del genere servirebbero prospettive politiche diverse tra due fazioni contrapposte. E magari una diversa collocazione rispetto al centrosinistra o sulla maggioranza che sostiene Draghi. Conte è stato tentato (anche nei giorni scorsi) di passare all’opposizione ma al momento questa scelta non è all’ordine del giorno. Che senso avrebbe far convivere due formazioni all’interno del recinto dell’alleanza col Partito democratico?

LA VERA DISCRIMINANTE tra Di Maio e Conte è legata alle prospettive del M5S stesso. Il primo (anche se non lo ammetterà mai in pubblico) considera finita la fase egemonica del grillismo, dunque immagina una formazione che prenda atto dell’impossibilità di tornare a essere la prima forza del paese ma che riesca a collocarsi stabilmente al centro dei processi politici in modo da fare da «ago della bilancia» di ogni maggioranza di governo. Da qui deriva l’idea che i 5 Stelle dovessero assecondare il progetto di Draghi di divenire presidente della Repubblica, anzi farsene promotori, per gestire in prima linea i nuovi equilibri dell’esecutivo. Conte, invece, aspira a prendere la guida di quello che ha battezzato il «fronte progressista» e non ha rinunciato all’idea di essere il capo della prima forza della coalizione (e dunque tornare a Palazzo Chigi). Questa posizione comporta la necessità di costruire un partito grande e radicato sul territorio, per reggere il quale servono soldi. Ecco perché è tramontata l’idea della politica a costo zero di Casaleggio. D’altronde, Conte considera che per recuperare consensi si debba ritrovare almeno una parte di spirito delle origini del M5S, e dunque che si debba guadagnare maggiore autonomia dall’attuale maggioranza. Ecco la ragione del flirt con il renegade Alessandro Di Battista.

QUALCUNO PENSA che le due visioni strategiche possano convivere. È il caso di Davide Crippa, che nel recente passato era vicino a Di Maio e che si è riconciliato con Conte dopo la conferma da capogruppo a Montecitorio. «La dialettica, anche quella accesa, è fondamentale nella vita di un movimento politico – dice Crippa – È normale che, in passaggi fondamentali come quello che abbiamo vissuto nei giorni scorsi possa nascere qualche incomprensione. Ma ora è giusto superare tutto, fermarsi un attimo a riflettere, a dialogare per chiarirsi e guardare oltre».