Dentro la bolla invisibile che avvolge la porzione di Circo Massimo occupata da Italia a 5 Stelle non si percepisce alcuna tensione. Nessuno ha dubbi sul fatto che la frattura tra Lega e M5S verrà ricomposta. Bisogna guardare a fondo e infilarsi tra i discorsi a margine delle comunicazioni ufficiali per capire che, come accade in certe partite di campionato, si segue l’arena grillina ma si tiene un occhio al risultato dell’altro campo. Che in questo caso è quello di Palazzo Chigi.

La notizia che tutti aspettavano arriva poco dopo le 17.30. I grandi monitor dietro al palco principale trasmettono una scena che solo fino a un anno fa da queste parti sarebbe stata insolita. È la conferenza stampo con la quale Giuseppe Conte, accompagnato da Luigi Di Maio e Matteo Salvini, comunica di aver trovato una soluzione. Di Maio annuncia tra gli applausi: «È stato un sabato pomeriggio ben speso. Gli eletti in parlamento e negli enti locali circolano in mezzo ai cittadini. Indossano una maglietta gialla per farsi riconoscere. È così che individui facce disperse nella folla, deputati e senatori che in questi mesi di protagonismo del governo e poca attività del parlamento non hanno avuto modo di mettersi in mostra. Sono poco abituati all’evento pubblico. Alcuni accompagnano i genitori in giro per gli stand, altri fanno capannello per rassicurarsi a vicenda. I big del M5S, in verità, la maglietta gialla non la portano. Sanno di essere riconosciuti lo stesso e braccati per l’immancabile selfie. Manlio Di Stefano con consorte, l’ex Iena Dino Giarrusso, che ha mancato l’elezione ed è stata cooptata al ministero dell’istruzione. Il sottosegretario agli interni Carlo Sibilia in camicia bianca e occhialoni scuri. Paola Taverna che saluta un presidente di municpio romano: «A preside’, l’animaccia tua!». I capogruppo Stefano Patuanelli e Francesco D’Uva sul palco mettono in scena un dialogo che pare pensato per motivare le truppe dei parlamentari: «Siamo una famiglia, cerchiamo di capire i problemi di ognuno».

Tutti hanno il compito istituzionale di promuovere il portale Rousseau. Davide Casaleggio ha davvero bisogno di una mano. Ha preso l’impegno gravoso di arrivare a un milione di iscritti entro l’anno: il tempo stringe e il traguardo è davvero lontano. Per restituire centralità alla piattaforma informatica del M5S bisogna inseguire le adesioni della platea, come al solito non giovanissima, del raduno grillino. Per questo, già dal mattino Casaleggio annuncia che sarà possibile aderire via sms. «Pensate, non c’è più bisogno di collegarsi su internet e mandare la vostra carta d’identità» dice alla platea il testimonial Gianluigi Paragone, passato dalla tv al parlamento. Cosa che, per una forza politica che doveva cambiare tutto con la rete e che considerava che stare in rete era come respirare, è un cambiamento non da poco.

Dal grande spazio dedicato al sistema Rousseau bisogna passare per forza, infilandosi sotto le strisce gialle che recitano le massime di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio e seguendo il grande pannello che ripercorre la linea del tempo che dal 2005 (anno della nascita del blog di Grillo) segna le fasi salienti della storia fin qui inarrestabile del M5S lungo sei assi. I monitor mandano in loop il filmato di 140 giorni fa, quello del giuramento del governo gialloverde. Il primo ministro a comparire in carne e ossa è Sergio Costa. Il comandante dei carabinieri che ha avuto la delega all’ambiente rassicura tutti: «Il consiglio dei ministri è stato molto sereno, non ci sono tensioni in corso». Si aggira l’economista sovranista, Antonio Maria Rinaldi, trait d’union tra M5S e destre. I grillini della base lo riconoscono, lo hanno visto in tv e sanno che si è candidato a dirigere la Consob. Gli chiedono come finirà. «Come finirà? – dice Rinaldi masticando un grosso sigaro – Ve lo dico io. Finirà che se non si rimettono d’accordo vado a Palazzo Chigi e li prendo a calci nel sedere. Questo è il governo del risarcimento, deve andare avanti». E c’è il ritorno di Roberto Fico.

Virginia Raggi ha il compito di dare il benvenuto a Roma. La sua posizione è appesa alla sentenza del processo che la vede imputata per falso, attesa per novembre. La sindaca attacca «i brontoloni», «quelli pronti sempre a lamentarsi, a prospettare un futuro negativo, quelli che distruggono e non costruiscono mai». Dopo di lei, fuori programma, compare un Luigi Di Maio insolitamente in maniche di camicia. Annuncia un successo di pubblico: «Abbiamo superato i record di presenza di Italia 5 Stelle già dal primo giorno», gli organizzatori parlano di trentamila persone e pronosticano che si arriverà a 50 mila». Un anno fa la kermesse si tenne a Rimini, gli ingressi erano muniti di contapersone per fornire un dato certo, ma quel numero dei partecipanti non venne mai divulgato. «Siamo al governo e riempiamo ancora le piazze», esulta il «capo politico». Che rassicura tutti: «Negli ultimi giorni mi avete visto un po’ arrabbiato ma era per difendere un principio, non contro qualcuno in particolare». Il gatto e la volpe di cui parlava questo giornale in prima pagina rinnovano la loro alleanza davanti a questa gente. A proposito: in mattinata, a un diffusore del manifesto è stato impedito di oltrepassare i varchi. Ha raccolto qualche insulto. Ha venduto un paio di copie a ex elettori di sinistra passati coi 5 Stelle. E ha dovuto avere a che fare con persone che consideravano la sua presenza una «provocazione».