5 Stelle «rimborsati» e insoddisfatti. Tria passa la palla a Conte
Crescita miracolosa Oggi in Cdm il nodo degli indennizzi per i truffati dalle banche. Il ministro affida il caso al premier, il fuoco grillino non si placa. Brunetta svela gli altarini: Juncker ha minacciato una procedura d’infrazione se non ci sarà una correzione dei conti entro giugno. E Tria vuole evitare il rischio a ogni costo
Crescita miracolosa Oggi in Cdm il nodo degli indennizzi per i truffati dalle banche. Il ministro affida il caso al premier, il fuoco grillino non si placa. Brunetta svela gli altarini: Juncker ha minacciato una procedura d’infrazione se non ci sarà una correzione dei conti entro giugno. E Tria vuole evitare il rischio a ogni costo
Alle 15, grazie a un provvidenziale intervento notturno dal Qatar di Giuseppe Conte, la soluzione sul nodo dei rimborsi ai risparmiatori truffati dalle banche sembrava trovata. Confermato il consiglio dei ministri convocato per le 18 di oggi per varare il decreto crescita, al cui interno doveva essere inserito il rimborso e che nella notte sembrava invece dover slittare. Tregua nello scontro durissimo tra M 5S e ministro dell’Economia, che si era sviluppato proprio sul fronte dei rimborsi oltre che sull’aggressione pentastellata contro la consigliera di Giovanni Tria, Claudia Bugno.
ALLE 19.30 SPUNTANO complicazioni. I termini dell’accordo fatti filtrare sia da palazzo Chigi che da via XX settembre vengono seccamente smentiti dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Fraccaro, pentastellato. I rimborsi potrebbero persino, anche se è molto improbabile, non essere varati nemmeno oggi. Mentre rischia di esplodere più violenta di prima la guerra tra i 5S e un Tria ormai molto oltre i confini della semplice irritazione, certo che a mettere in moto la macchina del fango siano stati proprio i pentastellati e blindato dalla Lega. Salvini, sul tema messo di fatto in agenda dai 5S di un cambio della guardia al Mef, è caustico e sintetico: «Non si dimette nessuno». Il premier Conte invita tutti i ministri a «stare tranquilli» e esclude «richieste di dimissioni».
La formula che avrebbe dovuto consentire di aggirare lo scoglio dei rimborsi era semplice. Forse troppo semplice. Nel decreto si sarebbe dovuta inserire una nuova norma istitutiva del Fondo per l’indennizzo di 1,5 miliardi, sostitutiva di quella contenuta nella legge di bilancio. Quella formula prevedeva rimborsi automatici e diretti per tutti gli ex obbligazionisti ed ex azionisti ma era considerata inapplicabile dal Mef perché in contrasto con le regole europee. Contestualmente il Tesoro avrebbe dovuto emanare i decreti attuativi, vincolati però alla nuova norma e non più a quella della legge di bilancio, col che si sarebbero messi i funzionari del Mef al riparo da eventuali cause e contestazioni della Corte dei Conti.
POCHE ORE E FRACCARO spegne gli entusiasmi con un comunicato gelido: «Non ci saranno nuove norme. Nel consiglio dei ministri si affronterà il tema dei decreti attuativi con l’obiettivo di approvarli nel più breve tempo possibile». Il senso della scarna comunicazione è lampante. I limiti posti da Tria alla platea dei risparmiatori da rimborsare automaticamente e direttamente, limitata ai redditi Isee al di sotto dei 35mila euro e ai patrimoni immobiliari al di sotto dei 100mila euro con vaglio di un’apposita commissione per tutti gli altri casi, per i 5S sono troppo stretti. Il rimborso deve essere automatico per tutti, Europa o non Europa.
E’ uno scontro su più piani. C’è sicuramente quello di merito, perché per i grillini il rimborso per tutti è un’arma propagandistica preziosa, ma questo è il meno. Pesa di più una guerra contro Tria che già non permette quasi più soluzioni di compromesso. E ancora di più incide il rapporto diretto tra le decisioni che verranno prese su questa pur limitata materia e il Def che sarà presentato, parola del premier Conte, certamente il 10 aprile e forse anche un giorno prima.
La partita del Def, e in generale dei rapporti con la Ue sui conti pubblici italiani, è molto più drammatica di quanto non la abbiano sin qui fatta apparire i governanti ma anche lo stesso presidente della commissione europea Juncker nella conferenza stampa di Roma. Il forzista Brunetta, amico di Tria e sempre ben informato, ha scoperto ieri gli altarini raccontando che Juncker, nel colloquio romano, ha minacciato Conte di procedura di infrazione per debito, di fatto un commissariamento modello Grecia, in mancanza di una manovra correttiva entro giugno. E’ questo il vero motivo del duello ormai quasi mortale tra Mef e M5S. Perché Tria è convinto che la minaccia di procedura vada evitata a ogni costo mentre i 5S sono molto più disposti a correre quel rischio.
TRIA, CHE COMUNQUE non vuole apparire come il ministro che impedisce ai truffati di essere rimborsati, ha inviato già mercoledì sera a palazzo Chigi «i testi per rendere operativo il fondo di indennizzo» mettendo così nelle mani di Conte la responsabilità di gestire il caso e cercare una mediazione. In materia il premier è un maestro. Ma nel clima di ostilità creato dallo scontro sulla Bugno le probabilità che il consiglio dei ministri di oggi sia comunque incandescente sono altissime.
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