È probabile che quando è arrivata la notizia i deputati e i dirigenti M5S per primi non ci abbiano creduto: nemmeno fossero natale e la befana sommati nello stesso giorno. La punizione per le proteste contro l’approvazione della proposta sui vitalizi presentata dal Pd è stata severissima, come mai prima. Quarantadue deputati sospesi da 5 a 15 giorni, quasi l’intero gruppo parlamentare. Lo ha deciso ieri l’Ufficio di presidenza della Camera, lo stesso nelle cui sale avevano tentato di fare irruzione, lo scorso 22 marzo, un gruppo di deputati a 5 stelle mentre si votava la delibera sulle pensioni dei parlamentari.

La pena più severa è a carico dei 19 onorevoli autori della tentata invasione, quelli che provarono a forzare il cordone dei funzionari, quattro dei quali sono poi andati in infermeria per le cure del caso. I deputati che, pur essendo rimasti in aula, protestarono sotto il banco della presidenza sono stati sanzionati in modo quasi altrettanto grave: 12 giorni. Quelli che rumoreggiarono senza alzarsi dai loro posti si sono visti comminare 10 giorni. Infine i parlamentari arrivati sino all’ufficio di presidenza ma senza cercare di espugnarlo sono stati sospesi solo per 5 giorni. Le sospensioni saranno scaglionate, per evitare l’assenza quasi totale del gruppo a 5 stelle dall’aula, e in ogni caso tutti potranno essere in aula quando si voterà il testamento biologico, come era stato chiesto dallo stesso M5S.

La decisione è stata presa quasi all’unanimità, con la sola eccezione di Riccardo Fraccaro, l’esponente pentastellato nell’Ufficio di presidenza. La scelta di procedere con una punizione esemplare è evidente, e del resto affermata apertamente nelle motivazioni della decisione, nelle quali si parla di «fatto senza precedenti, di gravità assoluta e con modalità aggressive». Mica vero. Se appena si fossero informati, avrebbero scoperto che quando fu votata la legge-truffa, nel 1953, l’arrembaggio alla presidenza fu violentissimo, i feriti in aula e tra i commessi parecchi, il presidente del Senato si ritrovò con una larga ferita alla testa, come se non gli fossero bastati gli insulti scanditi a voce altissima dal futuro presidente della repubblica Sandro Pertini («Lei è un porco»). Pur attempato, Emilio Lussu dimostrò un’insospettata agilità, volando sulla testa dei colleghi per stampare un paio di ceffoni sulle gote di Ugo La Malfa. Andreotti, unico rappresentante del governo rimasto in aula, si salvò calzando il cestino della spazzatura come un elmo. A Montecitorio non andava meglio: i fratelli Pajetta avevano l’abitudine di svellere i braccioli delle sedie per poi usarli come mazze.

Ma anche senza chiamare in causa i padri della Patria, gente di altra levatura, resta che se il tentativo di irrompere nelle stanze dell’Ufficio di presidenza è effettivamente cosa al giorno d’oggi più unica che rara, gli schiamazzi in aula e le proteste sotto i banchi della presidenza sono invece merce comune, senza che nessuno si senta in obbligo si punire esemplarmente e chiamare in causa le squadracce redivive come da commenti unanimi del Pd ieri.

I 5 Stelle non si sono persi la ghiotta occasione. Sono subito sciamati di fronte al palazzo, tutti (tranne il vicepresidente della camera Luigi Di Maio) innalzando cartelli con la faccia di uno dei componenti dell’Ufficio di presidenza con la scritta «Si fregano la pensione». Poi, sul blog, hanno rivendicato con orgoglio: «Ogni giorno di sospensione una medaglia». Con annessa promessa di girare l’Italia per spiegare bene il fattaccio e quella di far saltare comunque in qualche modo «tutte le pensioni, quindi anche le nostre».

Sullo sfondo campeggiano le accuse, sempre rivolte ai 5S, di essere lo strumento usato dalla Russia per far saltare la Ue (sic). Di certo ieri il movimento di Grillo ha guadagnato consensi senza neppure doversi sforzare. E’ anche vero che quando ci si trovano di fronte geniacci della comunicazione come quelli che hanno deciso la punizione esemplare di sforzarsi non c’è bisogno…