È arrivato in serata prima ad Acerra e poi nella sua Pomigliano, Luigi Di Maio, a salutare quelli che lo hanno sostenuto nel suo collegio. «Tutti provano o ad avvicinarci o alla destra o alla sinistra. Noi non siamo né di destra né di sinistra, quelle sono categorie superate. Questo ci ha fatto arrivare dove siamo», dice ai suoi concittadini. Ma di fatto dentro al Movimento 5 Stelle sperano in un Pd derenzizzato. Un accordo con la Lega sarebbe troppo ingombrante.

I due partiti usciti vincitori dalle urne in questo momento, al di là delle possibili affinità, sono concorrenti più che alleati. «Anche Salvini vuole diventare presidente del consiglio, e noi sulla figura di Luigi non siamo disposti a trattare», dicono. Si parla di un documento programmatico di dieci punti da sottoporre al Pd, al fine di allargare la frattura con Renzi. «Le ‘non dimissioni’ di Renzi palesano una volta di più tutta la sua arroganza. O forse semplicemente gode nel continuare a distruggere il suo partito… Quanto ancora dovranno sopportarlo i suoi elettori?», afferma in un tweet Danilo Toninelli, seguendo lo schema tracciato il giorno prima da Alessandro Di Battista. Ma dall’entourage grillino smentiscono che esistano tracce di programma da sottoporre a interlocutori privilegiati: «Siamo aperti al dialogo con tutte le forze politiche che saranno presenti in Parlamento. Non c’è alcuna attenzione particolare verso una o l’altra forza», è la formula che viene diffusa.

Beppe Grillo è ancora a Roma. Ha visitato una mostra sul futuro della specie. Interrogato sulle possibili alleanze ha delegato tutto al «capo politico» Di Maio: «C’è lui a decidere». Poi si è lanciato in un paragone tra l’evoluzionismo e le strategie politiche del M5S: «La specie che sopravvive non è quella più forte, ma quella che si adatta meglio. Quindi noi siamo dentro democristiani, un po’ di destra, un po’ di sinistra e un po’ di centro. Possiamo adattarci a qualsiasi cosa quindi vinceremo sempre noi sul clima, sull’ambiente, sulla terra».

A proposito di sopravvivenza della specie, ieri si è fatta chiarezza sugli eletti. Dovrebbero essere 333. Tra di essi ci sono nove espulsi in via preventiva. Andrea Cecconi e Maurizio Buccarella, due dei parlamentari uscenti sorpresi a non versare l’obolo della restituzione dello stipendio, fanno sapere di volere entrare in aula per sostenere il loro (ex) partito. Forse sperano nell’indulgenza, di certo mostrano di non credere all’ipotesi delle dimissioni, che pure Di Maio aveva dato per certa. Anche Salvatore Caiata, il presidente del Potenza calcio indagato per riciclaggio eletto in Lucania nel collegio uninominale del capoluogo, conferma che si siederà ai banchi della camera. Ci sarà al senato Emanuele Dessì,eletto nel listino proporzionale di Latina, il grillino finito al centro delle polemiche per la casa popolare in affitto a 7 euro e per il video che lo ritrae con Domenico Spada.