Si chiamava Gisella Rubilar Figueroa, cilena, 47 anni. Figlia di un professore perseguitato dal dittatore Augusto Pinochet, viveva in Venezuela con i suoi figli dal 2006. E’ stata uccisa con un colpo alla nuca da un gruppo di mercenari in moto mentre cercava di rimuovere una “guarimba”, una delle trappole installate sotto casa sua dai gruppi oltranzisti dell’opposizione venezuelana. Voleva evitare che altri passanti finissero col cranio fracassato come la studentessa Delia Robos, che cercava di recarsi a lezione in moto quando è incappata nella trappola.

E’ successo nello stato Merida, uno di quelli in cui più aggressiva è la violenza dei gruppi oltranzisti. E la notizia è rimbalzata sui giornali cileni, dove si sta svolgendo la riunione dei ministri degli Esteri di Unasur sulla situazione venezuelana. Elias Jaua è andato a spiegare la vera natura delle proteste: non pacifiche come pretende Washington, ma armate e golpiste, sordi a tutti gli appelli al dialogo rivolti dal governo. Una strategia per far cadere il socialismo bolivariano in un paese che possiede le più grandi riserve petrolifere del mondo. Un progetto destabilizzante per tutta la regione.

Violenze, devastazioni, minacce a lavoratori e commercianti si stanno verificando negli stati Tachira, Bolivar, Carabolo, e in alcuni municipi di opposizione della capitale. In Merida, 8 tonnellate di alimenti sono stati dati alle fiamme. In Bolivar, è stata distrutta la pista atletica, una delle più avanzate installazioni sportive (gratuite) del paese: danni per 20 milioni di bolivar. Due cisterne di carburante sono state svuotate. A Monagas, per contrastare le aggressioni, i lavoratori hanno istituito una “tribuna permanente antimperialista”. A Caracas, i gruppi oltranzisti agiscono a Chacao e in piazza Altamira, mentre a Los Ruices continuano i “cacerolazos”, ma i punti caldi sono presidiati dalla Guardia nacional bolivariana (Gbn). Ad Altamira è stato scoperto un deposito di armi e materiale incendiario e undici persone sono state arrestate.

Abbiamo visto gruppi di energumeni passare con strafottenza per la porta riservata all’ingresso gratuito per chi abbia più di 60 anni e intimidire i lavoratori del metro, che non hanno protezione perché il governo tenta di limitare al minimo le provocazioni.

Una minoranza nella minoranza, però pericolosa e organizzata. Come mostrano molti video, spesso gode della protezione delle polizie locali nei quartieri governati dall’opposizione. A Chacao, (nella parte est della capitale), i Servizi di intelligence bolivariana (Sebin) sono intervenuti per arrestare un “guarimbero” armato, ma sono stati inseguiti dalla polizia locale, che ha sparato uccidendo una funzionaria venticinquenne: “Abbiamo pensato a un sequestro”, li ha giustificati il sindaco. Ma se pure fosse: la vita dell’eventuale ostaggio, che fine avrebbe fatto in quel caso? Dallo stato Tachira, dove si è installata una sezione della Commissione per la pace e la vita indetta dal governo, il ministro degli Interni, giustizia e pace, Miguel Rodriguez Torres, dà conto quotidianamente del suo lavoro, garantista e competente: dalle indagini e dalle confessioni degli arrestati – ha detto – risulta il coinvolgimento della criminalità organizzata, che presta mercenari a 5.000 bolivar a settimana, pagati dal partito di Leopoldo Lopez, Voluntad popular: “Possiamo avere tante ragioni per essere arrabbiati, ma nessuna per ammazzarci fra noi”, ha affermato il ministro.

«Insistir, persistir, resistir pero nunca desistir», scrivono i “guarimberos” di piazza Altamira, “Insistere, persistere, resistere ma mai desistere”. Persistere per cosa? Per la consegna lanciata dalla parte più dura della Mesa de la unidad democratica (Mud): “la salida”, la rinuncia al governo da parte di Nicolas Maduro. Un obiettivo perseguibile per la via legale, mediante un eventuale referendum revocatorio previsto dalla costituzione a metà mandato, ma che queste frange intendono raggiungere con violenza, in assenza di consenso democratico. Intanto, per accrescere il disagio della popolazione e volgerlo contro il governo, bruciano i Centri di medicina integrata (Cdi) e le installazioni pubbliche, e seminano il sospetto nella popolazione.

Il Venezuela è un paese in cui le famiglie stesse sono divise tra chavisti e oppositori: si tace a tavola e ci si insulta in piazza. L’istigazione all’odio che anima gli appelli dell’opposizione accentua ora fratture drammatiche. Da un lato, circolano appelli come questi: “Ci potete aiutare moltissimo informandoci, quali vicini avete, chi sono, che fanno, se ci sono chavisti, se non ce ne sono, se ci sono sostenitori di Maduro o no, qualunque cosa, aiutateci almeno così”. E’ l’invito dei “guarimberos” alla popolazione che non ha il coraggio di passare all’atto, ma che oscilla tra l’insopportabile frustrazione di non poter “scegliere la potenza e il colore delle proprie automobili” (come abbiamo letto in un volantino) e la paura che le “proprietà immobiliari perdano valore” per via delle guarimbas (altro volantino dei meno affezionati alle proteste violente). Un meccanismo pericoloso, amplificato dai media privati, a livello locale e internazionale, e che deve far pensare a quanto è successo in Ruanda nel 1994, e ben prima durante il nazismo.

Lunedì mattina, una signora che conosciamo e che porta il bambino al College de France, ha espresso un giudizio pacato ma contrario alle “guarimbas” in una panetteria. E’ stata accerchiata e presa a mal partito da un folto gruppo di donne che le gridavano: “Torna al tuo paese”, perché essendo musulmana, porta il foulard. E quando ha detto di essere venezuelana, l’aggressione verbale è salita di tono.

Dall’altra parte, il governo ha invitato i consigli comunali e le associazioni territoriali – i cui rappresentanti accompagnano ogni attività ispettiva dei funzionari governativi – a documentare le denunce e a organizzare in ogni condominio l’attività di prevenzione. Un meccanismo utile se utilizzato con giudizio, ma devastante se porta al sospetto e alla delazione generalizzata. E nei quartieri di opposizione e sulle reti sociali è già partita la caccia al “sapo” (la spia) chavista.

“Disconnettiti dall’odio e unisciti alla pace”. Con questo slogan, il chavismo moltiplica gli inviti al dialogo e intanto Maduro adempie all’agenda del “governo di strada” sui temi principali del paese: ingenti risorse per la sanità pubblica, altrettante per dare impulso alle politiche delle Comuni. Lunedì, si è tenuto un incontro di artisti per la pace alla presenza del presidente e dei ministri. Come sempre, dredlocks dei gruppi musicali e di quelli Lgbt circolavano insieme ai capelli corti dei militari bolivariani. La proposta è stata quella di occupare i quartieri di “guarimbas” con poesia, danza e concerti e di invitare per una settimana artisti di opposizione di tutte le nazioni: perché vedano quel che succede davvero in un paese che affida il cambiamento “a un socialismo cristiano” basato sul dialogo e sul consenso.

“Maduro sta trasformando Miraflores in una sala per le feste”, ha ribattuto il leader di opposizione, Henrique Capriles.