Un codice penitenziario speciale: questa sembra essere l’ambizione della recente circolare con cui l’Amministrazione penitenziaria ha dato nuove disposizioni per l’organizzazione del circuito detentivo previsto dall’art. 41bis.

Nel merito, la disposizione più significativa pare essere quella che consente ai minori di dodici anni di partecipare al colloquio familiare stando dalla parte del padre o del nonno detenuto per tutta la sua durata, mentre gli altri parenti sono dall’altra parte del vetro divisorio. Non solo: la perquisizione del detenuto che vada o torni dal colloquio dovrà essere eseguita con il metal detector e solo in casi eccezionali (e sulla base di motivazioni scritte) attraverso il suo denudamento.

Piccole cose, ma non irrilevanti in un sistema che mantiene prescrizioni legali e amministrative incomprensibili, se il fine è quello di impedire comunicazioni verso i gruppi criminali di appartenenza. Restano così senza spiegazione, per esempio, le limitazioni all’acquisto di beni o generi alimentari o al possesso di foto, libri, colori e quant’altro. Questo articolo, per esempio, non potrà essere letto nelle sezioni 41bis: questo giornale, infatti, così come l’Avvenire o il Mattino, il Foglio o il Dubbio, non può esservi acquistato.

D’altro canto, non potrà essere neanche ascoltato tramite Radio radicale o qualche altra emittente, stante il divieto di ricezione delle radio in modulazione di frequenza.

Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura nella sua ultima relazione sull’Italia, resa pubblica il mese scorso, formula alcune raccomandazioni sul 41bis.

Salvo la possibilità di cumulare due ore di visita non usufruite (il minimo che si poteva concedere alla richiesta di accumulare tutte quelle non utilizzate), la circolare non interviene su ciò che gli è precluso per legge (un’ora di colloquio settimanale senza vetro divisorio, salvo rischio individuale e motivato; una telefonata al mese, indipendentemente dal fatto che il detenuto abbia o non abbia fatto il colloquio con i familiari), ma neanche su ciò che avrebbe potuto disciplinare, come lo svolgimento di almeno quattro ore di attività fuori dalla cella, o modalità tempestive ed efficaci di attuazione delle decisioni dei magistrati di sorveglianza.

Tra le inadempienze c’è anche quella che avrebbe potuto disciplinare a termini di legge i colloqui con i Garanti, di cui ha scritto in questa rubrica Franco Maisto all’indomani di un provvedimento giurisdizionale che ha disapplicato una circolare che parificava i Garanti ai familiari nelle forme e nel numero dei colloqui, di fatto privando i detenuti in 41bis della possibilità di incontrarli, se non rinunciando all’unico colloquio mensile loro consentito con i familiari.

Vi si fa riferimento solo in un articolo riguardante le modalità di esecuzione delle «visite del garante», in cui si riconosce al Garante nazionale la facoltà di incontrare riservatamente e senza limiti di tempo i detenuti in 41bis in quanto «Meccanismo nazionale di prevenzione previsto dal Protocollo aggiuntivo alla Convenzione Onu contro la tortura» e ai garanti territoriali di incontrarli durante la visita accompagnata dal personale dell’Istituto, con la superflua specificazione che questi «incontri» non incideranno sul numero di colloqui con i familiari cui essi hanno diritto.

Nulla si dice, invece, su quanto giudicato illegittimo dai giudici di Terni e di Sassari, e cioè che i veri e propri colloqui con i garanti, espressamente previsti per legge, siano assimilati a quelli con i familiari, conteggiati con essi, effettuati con il vetro divisorio e, se del caso, ascoltati e videoregistrati.

Un’occasione persa, cui speriamo che la riforma penitenziaria in via di approvazione voglia mettere riparo.