Qual è il risultato conseguito, il senso della manifestazione di sabato scorso? Quello di modificare in qualche misura il Jobs Act in Parlamento?

Ne dubito perché Matteo Renzi è un bullo, tenace nella sua aggressività. Stimolare l’opposizione interna al Pd? Vero, ma secondario perché questo non è il momento della politica di schieramento. Offrire un’occasione anche gioiosa a milioni di persone – ciascuno dei presenti aveva chi lo seguiva e lo aspettava a casa – di non sentirsi soli in una condizione di disagio e di rabbia crescente?

Certamente, perché la sensazione diffusa era quella di un primo passo in un cammino che andava oltre piazza San Giovanni (mai raggiunta dalla maggioranza dei manifestanti perché stracolma; non scegliere il Circo Massimo è stato un comprensibile errore di calcolo degli organizzatori).

Eppure, la verità profonda di questa manifestazione, di anziani ma anche di tanti giovani, è che essa ha offerto un punto di aggregazione ad un’alternativa sociale di opposizione alla sempre crescente ineguaglianza che la politica oggi organizzata non offre. Indispensabile non solo per andare avanti, ma per non retrocedere, con esiti difficilmente calcolabili se quell’alternativa fosse offerta dai nemici della democrazia.

Quali saranno i segni di una prosecuzione della marcia? Il suo allargamento. Sabato, come osservava Francesco Ciafaloni, i passanti, i romani, gli immigrati, i turisti, le famiglie che si univano agli organizzati erano ancora troppo pochi. L’unità tra giovani e anziani, semigarantiti e non, occupati e disoccupati, italiani ed immigrati, è soltanto abbozzata.

Perché si delinei, deve crescere la pure abbozzata capacità autocritica degli organizzati, anche della Cgil, che ha avuto l’immenso merito di osare. Ve lo dice un iscritto della Cisl che ha ben altre critiche da fare al proprio sindacato!

Un altro segnale prezioso sarebbe l’apertura di una discussione all’interno della Cisl e della Uil, ma anche un rapporto strategicamente coeso tra Cgil e Fiom. Perché il sindacato cominci ad affrancarsi dalla coltre di sfiducia che ricopre il volto attuale della politica e che oggi lo coinvolge. Unità ed autonomia dovranno tornare ad essere le parole d’ordine del nucleo organizzato di un movimento in crescita con finalità politiche.