Last Hustle in Brooklyn, cortometraggio girato in Super 8 nell’estate del 1977 da Spike Lee (mai visto a causa della non autorizzazione concessa per l’uso delle musiche della colonna sonora inserite dal regista) è la storia di un black out avvenuto a New York. Lee, in questo corto interpretato da membri della sua famiglia (il padre Bill e il fratello Chris) filmò l’assalto ai negozi durante l’oscuramento mentre i ballerini danzavano l’hustle, uno stile di ballo allora in gran voga.

L’autore afroamericano è ovviamente uno dei tanti registi famosi che hanno iniziato la loro carriera in Super 8. Ma il film amatoriale in Super 8 (prima dell’avvento di altri strumenti più alla portata), è stato un grande mezzo popolare del «ricordo in movimento». Non solo tantissimi tentativi di autori in erba, ma filmati di famiglie, sposalizi, scherzi fra amici e parenti, e tanti altri episodi della vita e della fantasia: il Super8, il nuovo metodo di pellicola inventato dalla Kodak nell’aprile del 1965, cioè esattamente 50 anni fa, è stato questo.

Per celebrare il cinquantenario, l’associazione «Home Movies – Archivio Nazionale del film di famiglia» di Bologna, nata col sostegno dell’Istituto per la Storia e le Memorie del Novecento e del gruppo cinematografico di Nomadica, ha dato vita ad avvenimenti e proiezioni iniziati il 23 ottobre e che proseguono fino al 5 dicembre prossimo. Tra performance, installazioni, incontri, proiezioni con sonorizzazioni dal vivo, workshop, l’ottava edizione di «Archivio Aperto» ha offerto anche una chicca di tutto rispetto coinvolgendo, per il cinquantenario della pellicola in formato ridotto più celebre e popolare, 14 filmakers.

Praticamente è stato chiesto a 14 autori italiani e di svariati paesi (Tonino De Bernardi, Massimo Bacigalupo, Alina Marazzi, Roberto Nanni, Boris Lehman, Joana Preiss, Jaap Pieters, Chantal Partamian, Davorin Marc, Julien Lingelser, Astrit Carlen-Helmer, Mirco Santi, Luca Chinaglia, Guido Tosi) di filmare, in Super 8, le angolazioni o visioni particolari della loro città oggi. Ne è venuto fuori 14 Reels (50 minuti complessivi, a ciascun regista è stato concesso l’uso di una bobina cioè all’incirca 3 minuti e 40 secondi) proiettato in anteprima mondiale all’inizio delle manifestazioni. È stata una vera e propria scommessa, con evidenti rischi ma con altrettanto evidenti ricchezze di contenuti e spunti nel rapporto tra autori e luoghi di vita: una cosa, tra l’altro, quanto mai attuale in un periodo di evidente smarrimento sociale e culturale.

Le «sinfonie» dei 14 autori rappresentano senz’altro un punto di partenza per ritornare a guardare con occhi nuovi la cultura delle città, la bellezza e la speranza di scoprire «l’involucro» in cui vivono, lavorano, soffrono e gioiscono le persone. Ma il programma delle manifestazioni è stato ricco di avvenimenti a partire dalle visite guidate all’archivio e dalle dimostrazioni pratiche del lavoro di restauro conservativo e digitalizzazione: si tratta di un coinvolgimento dei possessori di materiali filmici (non solo Super8, ma anche 8mm, 9,5mm, 16mm) per aiutarli a salvare le loro pellicole amatoriali. E poi le proiezioni del tutto particolari di video-arte, tra cui Instants dello svizzero Hannes Schupbach e Data capture. In search of… della sudafricana Katherine Bull che spazia tra l’arte performativa, il disegno e la pittura.

E naturalmente non poteva mancare l’approdo alla nuova agricoltura e ai cibi genuini nella sezione dedicata a Filmare con lentezza. Il lavoro agricolo, il cibo e la cultura materiale nel cinema amatoriale (1930-1980).

Colpisce in questi ultimi filmati la mancanza assoluta di nostalgie dove invece c’è una radicale valorizzazione, anche in tempi in cui i termini «biologico» e «ambientale» non si usavano perché non ce n’era bisogno, dei buoni prodotti. Naturalmente per chi ha investito in un archivio di questo tipo non potevano mancare le discussioni sui progetti futuri e soprattutto sulle ricerche in corso: un tentativo di penetrare dentro i materiali filmici privati per valorizzarne al massimo non solo l’uso ma la conservazione. Le proiezioni, ovviamente, hanno anche offerto uno spaccato dei compleanni più discussi ultimamente: dal centenario della prima guerra mondiale al referendum sul divorzio col film di Susanna Nicchiarelli Per tutta la vita riflessione sul cambiamento della vita a due in Italia, sull’evoluzione sociale e l’emancipazione femminile prima e dopo quella data fatidica del 1974.

E poi una perlustrazione sulle storie di pazienti dagli archivi video della riforma psichiatrica a Bologna. Da questo punto di vista Home Movies ha collaborato con l’istituzione Minguzzi al recupero di più di cento ore di filmati che documentano la linea proficua di quel testo civile che fu la Legge Basaglia del 1978 e dei suoi effetti positivi nei territori italiani, in questo caso a Bologna, precisamente nell’Ospedale Psichiatrico Provinciale Roncati dove avvennero sperimentazioni tra le più avanzate.

E bisognerebbe ricordare ancora i filmati delle famiglie bolognesi nei Giardini Margherita nell’arco di tempo dal 1940 al 1980. O anche la giornata dedicata alla sorpresa dell’archivio di Gianfranco Brebbia (1923-1974) e il suo cinema sperimentale degli anni Sessanta e Settanta. O quella dedicata a «Un giorno a Monte Olimpino», il laboratorio del cinema di ricerca di Bruno Munari e Marcello Piccardo, un laboratorio vissuto dieci anni (1962-1972) che fu punto di riferimento della ricerca cinematografica in Italia nel campo pubblicitario e del cinema fatto dai bambini.

L’Archivio Nazionale, che custodisce circa 20mila elementi a cui aggiungere circa 5mila ore di materiale audiovisivo proveniente da tutta Italia, conclude la lunga maratona di «Archivio Aperto» il 5 dicembre prossimo con una riflessione sul Super8 durante tutto il periodo della sua storia.