L’anno è il 1994, quello della  «discesa in campo» e delle elezioni che fanno ritrovare tutti i personaggi della «trilogia seriale» cominciata nell’anno di Mani Pulite dentro i palazzi del potere: quelli provenienti dalla realtà come Silvio Berlusconi (Paolo Pierobon) o Antonio Di Pietro (Antonio Gerardi) e quelli inventati da Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi e Stefano Sardo – gli autori di 1992, 1993 e 1994, il capitolo conclusivo che andrà in onda ogni venerdì su Sky a partire dal 4 ottobre – come il Leonardo Notte interpretato da Stefano Accorsi o il leghista Pietro Bosco di Guido Caprino, uno di quegli «uomini nuovi» , come li chiama il produttore Lorenzo Mieli, che fanno la loro scalata al potere nell’agonia della Prima Repubblica.

Ma nonostante entrino per la prima volta in parlamento e nel governo «la natura dei personaggi non cambia – dice Stefano Accorsi – anzi si amplifica: non c’è alcuna morale, solo una gestione cinica del potere». Viene meno invece, come spiega Rampoldi, «la struttura corale: in questo ultimo atto ogni episodio si focalizza su un singolo personaggio, zooma su dei fatti storici di quell’anno». Singoli momenti, aggiunge Stefano Sardo, «che raccontano per sineddoche l’annata», quella della «restaurazione» – come recita il sottotitolo della serie – dopo la «rivoluzione» di 1992 e il «terrore» di 1993. In 1994 tutti i protagonisti sono riusciti a entrare nel palazzo e «bisogna portare al termine le cose – scherza Sardo – con una redde rationem alla Game of Thrones».

Come nella movimentata trattativa a Villa Certosa fra Berlusconi e Bossi per mantenere in vita il nuovo governo, raccontata dalla prima delle due puntate di 1994 presentate ieri in anteprima dagli autori, il cast e i produttori (la 4 e la 5) in cui è un morto, come in Viale del tramonto di Billy Wilder, a narrare gli eventi di quella giornata in Sardegna. Con Bossi, Berlusconi, Bosco e Notte c’è anche Veronica Castello (Miriam Leone) che ha conquistato «un seggio in parlamento – dice l’attrice – dopo un passato da soubrette, e deve affermarsi in un mondo maschile che la mortifica». Ma «trova la solidarietà di un gruppo di donne con cui promuove una legge contro la violenza di genere» che lei per prima ha sperimentato nel suo passato.

Eventi da cui sono trascorsi ormai 25 anni ma che si riflettono sui nostri giorni come nota Accorsi, che cita «i media entrati prepotentemente e in modo spregiudicato nelle nostre vite», affiancati adesso dai «nuovi media, come i social network, che rimuovono ogni filtro fra i politici e il ‘loro’ popolo». E quegli stessi «uomini nuovi» entrati in politica senza venire da essa, che evocano necessariamente anche l’Italia del 2019. Mieli cita perfino Marx: «La Storia si ripete sempre due volte, prima come tragedia e poi come farsa. Noi l’abbiamo raccontata come farsa».