Tutto ha inizio il 4 ottobre 1989 su di una Renault 21 Nevada a gasolio, con la radio che diffonde Strade dell’est di Battiato. Su quella macchina tre romagnoli, anzi cesenati: Andrea Riceputi (Rice), Maurizio Paganelli (Pago) e Enrico Boschi (Bibi), tre ragazzotti poco più che ventenni in cerca di facili avventure erotiche nell’Est europeo (il titolo del film è infatti Est – Dittatura Last Minute) con biancheria intima e altre cianfrusaglie come mezzi per farsi benvolere e instaurare rapporti economici, sociali e carnali. Sono dei tontoloni? Certo. Chissà quante ne hanno sentite nella loro Romagna sulle «libere» ragazze che vivono oltre la Cortina di ferro. Solo che tra tante chiacchiere non hanno avuto modo di cogliere il vero portato del colosso sovietico e i suoi satelliti che si stanno sgretolando. Così arrivano in Ungheria, dove scoprono che la frontiera con l’Austria è aperta e la loro merce è già in vendita ovunque. Tocca spingersi più in là: Bucarest, Romania, dove il regime di Ceausescu sembra ancora tenere botta.

E MENTRE STANNO per partire si lasciano convincere da Emil, un profugo romeno, che chiede loro di portare una valigia di prezioso cibo alla famiglia rimasta ancora laggiù. E loro lo fanno. Il pacco acquista così il sapore di un autentico MacGuffin che apre nuove avventure, rischi, problemi, con la Securitate sempre in agguato, delazioni diffuse e una realtà per loro a tratti incomprensibile che diventa un po’ alla volta la scoperta di un mondo tenuto in condizioni miserabili da una dittatura in via di evaporazione. Non era la storia sognata dai tre latin lover, ma alla fine si rivela molto più interessante e umanamente ricca di quel che loro stessi avrebbero mai immaginato. E che sarebbe scorretto svelare.

IL RACCONTO si basa sulla storia realmente vissuta dai protagonisti, tradotta recentemente in romanzo a quattro mani da Rice e Paga (Addio Ceausescu, Il ponte vecchio editore), e grazie alla regia di Antonio Pisu si muove su diversi registri coniugando momenti spassosi e thriller, commedia involontaria e spy story improbabile, eppure sempre ancorata a fatti reali che rendono il tutto estremamente godibile. Anche perché alle riprese di fiction si alternano immagini girate all’epoca dai nostri tre giuggioloni, il che rende ancora più intrigante l’intera storia. Interprete di riferimento della vicenda è Lodo Guenzi nei panni di Rice e il frontman de Lo stato Sociale dimostra di possedere talento anche come attore. Jacopo Costantini è invece Bibi, mentre Matteo Gatta è Pago, accompagnati dalla voce narrante di Ivano Marescotti.

C’È MOLTO DI PIÙ di quel che ci si potrebbe aspettare da questo film che dopo il debutto veneziano nell’ambito della Giornate degli Autori ha ottenuto diversi riconoscimenti in molti festival internazionali e che oggi approda in streaming sulle principali piattaforme on demand. Merito della parlantina e dell’incoscienza romagnola alle prese con uno dei più duri regimi dell’Est europeo, merito di canzoni che acquistano nuove valenze (come la Felicità di Albano & Romina), merito di un ritratto impietoso ma credibile della realtà di Bucarest (nel romanzo, riferendosi alla differenza affermano che Budapest «ci sembrava Manhattan al confronto») e soprattutto un rapporto vero, autentico, sentito con le persone, non più viste come ragazze da intortare o boccaloni cui rifilare merce occidentale, ma individui segnati dalla vita e da aspre dittature che hanno lasciato lunghe scie di sofferenze e soffocato speranze. Così, quella che doveva essere una semplice commedia su tre giovani in libera uscita si trasforma, senza perdere nulla del tono simpatico e apparentemente scanzonato.