Nel gennaio del 1982 in un auditorium di Des Moines in Iowa uno spettatore forse un po’ troppo su di giri lancia sul palco del concerto di Ozzy Osbourne un pipistrello. Il cantante, pensando sia un giocattolo di gomma, lo addenta accorgendosi poi che non si tratta di uno scherzo, ma di un vero animale. Finirà in ospedale per sottoporsi a una dolorosa terapia antirabbica. L’episodio entra istantaneamente nel folklore e nella leggenda del rock. Il 1982 per la musica inizia così. Nel più folle e imprevedibile dei modi.
Quarant’anni fa il mondo musicale ha vissuto un periodo di transizione particolarissimo, destinato a cambiare per sempre il panorama culturale del pop. Non c’è un evento dirompente come quello vissuto qualche anno prima con l’esplosione della scena punk o l’imporsi della disco music. Si assiste però sia a un fenomeno di riflusso, sia all’imporsi commercialmente di generi che fino a pochi anni prima erano considerati di nicchia. Si impongono colossali innovazioni tecnologiche, compaiono nuovi movimenti e stimoli e si rivelano curiose metamorfosi artistiche. La tavolozza della musica sembra improvvisamente allargarsi, gli orizzonti si ampliano, il pubblico si frammenta in diversi gruppi di età e di estrazioni socio-culturali e il mercato discografico è in un momento di impasse, ma sta per entrare nella sua età dell’oro.
In quei mesi sul banco degli imputati c’è proprio il punk che aveva scosso le fondamenta dell’intero universo musicale, ma per molti è ormai un fenomeno in declino. I Sex Pistols sono acqua passata, la loro carriera si è conclusa in modo tragico, la scena inglese guarda sempre più avanti e ormai il clima è di «new wave». In realtà, soprattutto negli Usa, il fuoco della rabbia punk cova sotto la cenere. Il 19 gennaio debuttano in California i giovanissimi Bad Religion con l’album How Could Hell Be Any Worse?. È pubblicato per un’etichetta autogestita, la Epitaph; è il segnale che, abbandonate le periferie britanniche, il punk sta trovando una nuova patria e nuovi linguaggi. A New York a marzo esordiscono, con un ep omonimo, i Sonic Youth scegliendo una strada più sperimentale e avanguardista che raccoglie i frutti del movimento No Wave. Il panorama americano si arricchisce anche con nuove uscite di gruppi quali X, Flipper, Bad Brains, Descendents, Dead Kennedys e Misfits. Il canto del cigno del punk britannico di quella che appare già come vecchia scuola è l’album Combat Rock dei Clash che esce a maggio. È un disco formidabile (basti pensare a brani come Should I Stay or Should I Go, Rock the Casbah o Straight to Hell), ma in molti storcono il naso. Nei ritornelli facili e nell’immediatezza delle canzoni qualcuno legge il definitivo compromesso nei confronti del sistema e del mercato. Sarà il successo commerciale più importante per la band che, raggiunta la cresta dell’onda, inizierà a perdere i pezzi e a sgretolarsi.

L’IMPORTANZA DEI VIDEO
La rivoluzione punk è confluita anche in parte nell’heavy metal, diventato sempre più fenomeno di massa. Oltremanica la New Wave of British Heavy Metal sta per raggiungere il suo apice, i metallari sono sbarcati a Top of the Pops. I Mötorhead, reduci dal successo di Ace of Spades, si confermano con Iron Fist, i Judas Priest pubblicano il loro classico Screaming for Vengeance, ma la rivelazione dell’anno sono gli Iron Maiden che con The Number of the Beast, il loro terzo lavoro, si presentano con una nuova line-up guidata dal cantante Bruce Dickinson. Il disco arriva al primo posto in Gran Bretagna e consacra definitivamente la band. Passa invece inosservata al grande pubblico, ma non agli appassionati, l’uscita di Black Metal dei Venom, trio originario di Newcastle: un disco destinato a inaugurare un intero nuovo, omonimo, controverso, filone musicale.
Il rock e il pop britannico dettano nuove mode e tendenze: non solo giubbotti di pelle, spille, chiodi e magliette strappate. Nella primavera del 1982 arrivano i nuovi dischi di Spandau Ballet (Diamond) e Duran Duran (Rio), si conia l’etichetta «New Romantic», un genere che unisce l’attenzione per l’immagine del glam rock con una particolare cura per l’eleganza un po’ affettata. L’obiettivo è quello di proporre musica facile, ma curatissima, e di conquistare il pubblico degli, o meglio delle, adolescenti. La musica da discoteca si fa elaborata con i Depeche Mode, che approdano al secondo album, e il duo Yazoo che vede insieme la cantante Alison Moyet e Vince Clarke che ha da poco lasciato proprio i Depeche Mode.
La musica è sempre più immagine. Il canale musicale americano MTV, nato nell’agosto del 1981, inizia a imporre nuove regole. Proposta agli spettatori americani come emittente via cavo, Music TeleVision nel 1982 triplica i suoi abbonati passando in pochi mesi da tre a nove milioni di spettatori. In Europa arrivano le prime trasmissioni che ospitano i videoclip. In Italia Rai 1 propone quello che ai tempi viene definito un «rotocalco musicale», è la trasmissione Mister Fantasy-Musica da vedere condotta da Carlo Massarini. I palinsesti dell’epoca la relegano, però, alla fascia notturna. Nel 1983 debutterà su Canale 5, a orari più adatti al pubblico giovanile, Deejay Television.
Il video del singolo, pubblicato nel maggio 1982, Hungry Like the Wolf dei Duran Duran, diretto da Russell Mulcahy è un film d’avventura di 3 minuti e mezzo girato in Sri Lanka che lancia la band e propone Simon Le Bon come una nuova icona del pop. Il regista Mulcahy in quell’anno firma per i Duran Duran anche i video di Save a Prayer e Rio, lavora con Spandau Ballet, Elton John, Fleetwood Mac e dirige anche uno dei clip più belli di quella stagione per il singolo It’s Raining Again dei Supertramp.

ESORDIENTI
Un altro gruppo che beneficia massicciamente della promozione grazie ai video sono gli esordienti Culture Club che si presentano alla fine dell’estate con il singolo Do You Really Want to Hurt Me. Il brano è un reggae melodico e facile, ma la carta vincente sono le immagini del regista Julien Temple cucite addosso alla figura androgina e trasgressiva di Boy George. L’ambiguità che era stata introdotta dal glam è qui rilanciata in chiave pop in una clip che ironizza sulle società ipocritamente bacchettone e benpensanti. Non solo provocazione sessuale, l’iconoclastia del punk è penetrata nel pop da classifica: la canzone diventerà una hit internazionale e uno dei tormentoni del decennio, dimostrando anche che la video-musica funziona al massimo quando cerca di turbare qualche pregiudizio.
Questa ricetta sarà la chiave del successo di una giovane artista ancora acerba, ma destinata alla fama: Louise Veronica Ciccone che a New York debutta sulle scene con il nome di Madonna nell’ottobre del 1982 con il suo primo singolo Everybody. È un brano di disco dance non sensazionale e che non entusiasma il pubblico, sulla copertina del 45 giri non compare neppure il volto della cantante. È però l’incipit di una carriera che segnerà un’epoca non solo nella musica: bastava un pizzico in più di provocazione. Esattamente due anni dopo arriverà infatti Like a Virgin e il decennio non sarà più lo stesso.
Dai ghetti di New York sta però sorgendo un altro movimento di cui ai tempi nessuno può prevedere la portata. Il primo luglio la Sugarhill Records pubblica The Message di Grandmaster Flash and The Furious Five. La cultura hip hop esce dai ghetti. Il rap aveva già avuto in realtà una sua prima affermazione commerciale nel 1979 con la hit Rapper’s Delight della Sugarhill Gang, primo 45 giri edito dalla stessa etichetta, ma si trattava di un’operazione pensata soprattutto per il mercato. Grandmaster Flash and The Furious Five portano con il loro «messaggio» il linguaggio della strada che era parte fondante del movimento hip hop che da alcuni anni stava scuotendo i quartieri neri della Grande Mela. Negli stessi mesi la scena vede emergere, sempre a NYC, anche alcuni pionieri come Afrika Bambaataa che, ispirato dalle innovazioni del gruppo tedesco Kraftwerk, fonde hip hop e musica elettronica nel singolo Planet Rock cambiando, con l’uso di rap, campionamenti e beat, la sintassi della musica di massa e formalizzando l’electro.
La scena americana si esprime con linguaggi diversi. Uno degli album più venduti dell’anno negli Usa è American Fool di John «Cougar» Mellencamp. Il rocker dell’Indiana, troppo spesso paragonato erroneamente a Springsteen, porta nei suoi brani le storie della corn belt con un suono derivato dal country rock. L’album, prodotto da Don Gehman, aiuterà a rendere immensamente popolare nel decennio quel genere che oggi è comunemente definito come «americana»: un cantautorato rock genuino e viscerale e affezionato alle tradizioni. La coppia Gehman-Mellencamp produrrà nel decennio un trittico di lavori magistrali: Uh-Huh, Scarecrow e The Lonesome Jubilee. Dalla provincia americana arrivano anche i giovanissimi R.E.M. che da una città universitaria della Georgia si presentano nell’agosto dell’82 con il loro ep di esordio Chronic Town. Sono anch’essi ancora molto legati alla tradizione (qualche anno dopo lavoreranno infatti con Don Gehman), diventeranno la più importante indie band statunitense del decennio, per poi esplodere come fenomeno mondiale negli anni Novanta. Loro concorrenti all’epoca sono i californiani Dream Syndicate che proprio nel 1982 debuttano con The Days of Wine and Roses raccolta capostipite di un movimento che viene definito «Paisley Underground» (il paisley era un motivo dei tessuti persiani, diventato caro alla moda hippie), unisce il jangle pop psichedelico degli anni Sessanta a sonorità più taglienti e più roots alla Neil Young. Verranno accomunate a questo fenomeno formazioni come Green on Red, Thin White Rope, Long Ryders, Naked Prey, Rain Parade, Three O’Clock, Giant Sand e le Bangles degli esordi.
Il re del nuovo rock americano Bruce Springsteen fa invece una mossa che sorprende tutti. Dopo i trionfi di Born to Run, Darkness on the Edge of Town e The River, si ripresenta con un pugno di nuove canzoni che vengono trasmesse in anteprima a settembre dall’emittente radiofonica WMMS. «È difficile paragonarle ad altro – dice il direttore dei programmi della radio – è un po’ come la svolta elettrica di Dylan, il pubblico o le ama o le odia». Sono le canzoni dell’album acustico Nebraska, inciso in solitaria dal Boss con un registratore multitraccia. L’ellepì esce a ottobre, c’è chi rimane deluso, ma è un capolavoro di storie maledette raccontate dal cuore profondo di un’America che sfugge alla retorica reaganiana di quegli anni. Springsteen produce anche il suo primo videoclip per la canzone Atlantic City.

VECCHI LEONI
In un anno di debutti e conferme non mancano i grandi nomi della musica dell’epoca. Paul McCartney ha archiviato l’esperienza dei Wings, ritorna solista con Tug of War, prodotto da George Martin e con la partecipazione di Ringo Starr. Uno dei suoi momenti migliori post Beatles, in cui non solo compare il duetto con Stevie Wonder Ebony and Ivory, ma anche la bellissima Here Today in cui ricorda commosso l’amico John ucciso pochi mesi prima. L’epoca d’oro del progressive rock sembra ormai riservata alle collezioni di vinili dei fratelli maggiori. Tuttavia molti protagonisti di quell’era decidono di cambiare pelle, con grande fortuna. A Londra nascono gli Asia, un supergruppo formato da John Wetton (King Crimson) Steve Howe e Geoff Downes (Yes) e Carl Palmer (Emerson, Lake & Palmer) il loro lp di debutto omonimo pubblicato nel marzo del 1982, li vede alle prese con un hard rock melodico e radiofonico che sbanca le chart. Il singolo Heat of the Moment è una delle hit dell’anno. Phil Collins, sempre più distante dai Genesis, pubblica il suo secondo album solista Hello, I Must Be Going! e si appresta a diventare uno degli eroi degli Eighties. Anche Donald Fagen volta pagina rispetto agli Steely Dan e a ottobre si propone come solista con l’elegantissimo The Nightfly, che non solo diventerà un classico, ma è anche una delle prime raccolte di canzoni incise completamente in digitale. Marvin Gaye, viene da anni difficili con un successo in declino e gravi problemi personali, conclude la sua storica collaborazione con la Motown e incide Midnight Love che esce a novembre. Trascinato dal singolo Sexual Healing, l’album lo riporta tra le star. È il suo ultimo lavoro prima della tragica scomparsa.
I suoi eredi sono già sulle scene. L’ex Commodore Lionel Richie pubblica il suo esordio omonimo, ma soprattutto Michael Jackson produce l’album che segna un’epoca: il bestseller Thriller. Lavoro confezionato dalla perfetta di regia di Quincy Jones, viene inciso da aprile a novembre del 1982 ai Westlake Recording Studios di Los Angeles senza badare a spese. Jackson voleva fare un disco di sole hit e ci riesce, grazie anche a un songwriter pop d’eccezione come l’inglese Rod Temperton (leggenda vuole che la title track sia stata scritta in parte in un taxi), ospiti di fama come Paul McCartney, l’attore Vincent Price e Eddie Van Halen (che non viene pagato per il suo assolo in Beat It) e una backing band stellare formata in parte dai membri dei Toto (che proprio quell’anno pubblicano il loro classico IV e l’indimenticabile Africa). L’album esce il 30 novembre e dominerà per due anni le classifiche di album e di singoli in ogni angolo del pianeta. A tutt’oggi è l’opera discografica più di successo mai pubblicata.
Sarà una boccata d’aria. Nel 1982 infatti i dirigenti delle major discografiche, più abituati a leggere numeri che note, non hanno capito che i tempi stanno cambiando e sono tutt’altro che entusiasti. I loro bilanci non appaiono rosei come negli anni precedenti e temono una crisi del settore. Ma è solo la quiete prima della tempesta. Un’altra rivoluzione infatti è ormai alle porte. Nell’estate del 1982 viene lanciato per la prima volta in assoluto sul mercato un nuovo supporto per l’ascolto musicale, il Compact Disc. Il primo cd fabbricato per essere commercializzato al grande pubblico nasce in Germania nell’impianto Philips a Langenhagen nei pressi di Hanover. È la versione digitale di Visitors degli ABBA, pubblicato in vinile l’anno prima. Sarà destinato all’unico mercato in cui sono già disponibili i lettori, quello giapponese. L’album del gruppo svedese è il primo di una serie di 50 titoli dati alle stampe in quei mesi. Per ragioni di distribuzione, il primo ad essere effettivamente venduto nei negozi nipponici è la ristampa di 52nd Street di Billy Joel. Sul mercato americano i cd arriveranno solo due anni dopo con la pubblicazione di Born in the U.S.A. di Springsteen. La nuova tecnologia segnerà un epocale incremento di vendite per l’intera filiera discografica.
In Italia, infine, il 1982 è dominato da un album uscito l’anno prima: La voce del padrone di Franco Battiato. Sarà il disco più venduto dell’anno, raggiungendo il milione di copie. Capolavoro pop di un artista che fino ad allora aveva inseguito percorsi di avanguardia e provocazione, sposa serietà e ironia, postmodernismo, cantautorato e musica leggera, luoghi comuni e citazioni colte. Unisce un’Italia divisa e conflittuale come riesce a farlo solo Paolo Rossi. Sì perché nel 1982 l’Italia vince anche il Campionato del Mondo di calcio.