Nella classica versione di Alberto Spaini, che comparve presso Frassinelli nel 1933, tra le prime in Europa, e che ebbe poi numerose ristampe (tra l’altro con varie riproposte presso Bompiani) l’incipit del Processo di Franz Kafka suona così: «Qualcuno doveva aver calunniato Josef K, perché senza che avesse fatto nulla di male, una bella mattina lo arrestarono. La cuoca della signora Grubach, la sua affittacamere, che ogni mattina verso le otto gli portava la colazione quel giorno non comparve».

Ora Quodlibet ripropone opportunamente questa traduzione (pp. 351, € 15,00), accompagnata da un acuto saggio di Michele Sisto, dedicato a «Cose dell’altro mondo. Leggere e tradurre Kafka nell’Italia del 1933». Spaini faceva parte del nutrito drappello di triestini che avevano studiato a Firenze, a partire dalla presenza di Scipio Slataper nel 1908, segnalando tra l’altro le presenze di Biagio Marin e Giani Stuparich. Da sempre appassionato di letteratura tedesca firmò numerose edizioni di opere, lasciando anche una memoria: Autoritratto triestino, uscita presso Edizioni di Storia e Letteratura nel 2002.

Nel 1931 aveva pubblicato per «Modernissima» la traduzione di Berlin-Alexanderplatz: storia di Franz Biberkopf. Come ricostruisce Sisto questo Processo introdusse Kafka in Italia, suscitando l’interesse di una intera generazione di lettori, tra cui Buzzati, Calvino, Fellini, Fortini, Pasolini, e restò l’unica versione per quasi un trentennio, fino al 1969, quando uscì la raccolta delle opere curata da Ervino Pocar per Mondadori.

In Europa era stata pubblicata soltanto la versione inglese di The Castle, a firma di Edwin e Willa Muir, pubblicata nel 1930. Da noi la fama dello scrittore di Praga era stata inaugurata da un articolo di Enrico Rocca, edito nel 1933 sulla istituzionalissima rivista «Pègaso», diretta da Ugo Ojetti, intellettuale assai legato alle politiche del regime. Il titolo, curioso, era Uno che risuscita, intendendo, un testo capace di rianimare il lettore; già nel 1927 l’attentissima Lavinia Mazzucchetti aveva segnalato l’uscita del Processo sulla rivista di Treves di novità intitolata «I libri del giorno», parlando di «novecentismo», a significare la modernità dell’autore, con un lemma allora in voga.

La casa editrice Frassinelli era nata per volontà di Franco Antonicelli, antifascista, arrestato nel 1929 per avere pubblicato con Ludovico Geymonat, Massimo Mila e altri una lettera di solidarietà a Benedetto Croce. Il marchio, creato insieme allo stampatore Carlo Frassinelli aveva debuttato nel 1932, con L’armata a cavallo di Isaak Babel, reso in italiano da Renato Poggioli, cogliendo poi il successo con Moby Dick affidato a Cesare Pavese, impegnato anche con Riso nero di Sherwood Anderson. Spaini, dopo le traversie della guerra, fedele all’opera di Kafka, pubblicò nel 1947 da Mondadori la sua versione di America.