Gli stipendi dei docenti e del personale scolastico più bassi della media Ocse dovevano «aumentare di tre cifre», ma dalla legge di bilancio riceveranno solo 12 euro lordi mensili in più. Gli studenti oppressi da due anni di Didattica a distanza (Dad) in pandemia, e non è finita, avrebbero dovuto avere scuole più sicure, trasporti ripensati, un diritto allo studio reale. Dovranno accontentarsi dei tirocini extracurriculari e dei percorsi dell’alternanza scuola-lavoro (gli impronunciabili «Pcto»). Per loro ogni esperienza dovrà fare curriculum, il fine è diventare «capitale umano», la vita è adattarsi all’«economia della promessa». Ieri il ministro dell’Istruzione Bianchi ha ripetuto che il piano di ripresa e resilienza (Pnrr) investirà 1,5 miliardi di euro sugli «istituti tecnici superiori» dove «si fa metà scuola e metà nelle imprese» e «il 90% dei ragazzi trovano un lavoro entro tre mesi». La scuola come «sistema duale» sul modello tedesco. Ma non tutto può uniformarsi a questa idea imprenditoriale. C’è la realtà: stipendi bassi, edifici pericolanti, didattica nozionistica, diritto allo studio negato, trasporti affollati. «Questo abbiamo trovato, di nuovo, quando siamo rientrati a scuola» ha detto Luca Redolfi (Unione degli studenti, Uds).

ECCO PERCHÉ, ieri davanti al Colosseo, gli studenti romani si sono fotografati dietro uno striscione: «Contro il governo del bla bla bla». I loro coetanei napoletani hanno criticato un altro aspetto della retorica di questa triste stagione pandemica: gli studenti sarebbero il «futuro», l’alfa e omega della «ripresa». Come no. Loro, invece, si sentono «invisibili». E così si sono presentati davanti agli obiettivi: indossando un cappuccio bianco e mostrando cartelli come questo: «Siamo il futuro, ma senza futuro». Combattivi gli studenti milanesi che, nel corteo partito da largo Cairoli, si sono raccontati così: «Siamo il futuro che si ribella». Gli studenti hanno criticato la direttiva del Viminale che ha allontanato le proteste dai centri storici. In alcune città le questure hanno vietato le manifestazioni o imposto variazioni di percorso. «La politica, oggi più che mai, non può ridursi a gestire l’ordine pubblico» hanno scritto nell’appello «Contro i divieti a manifestare, la politica non è repressione» pubblicato sul sito de Il Manifesto.

ISTANTANEE prese da alcuni cortei che ieri hanno attraversato 80 città, mobilitando secondo gli organizzatori 150 mila studenti. Il loro protagonismo torna a farsi visibile nelle scuole, è lo stesso che anima le manifestazioni dei «Fridays for Future». Pensano il mondo, gli studenti. Loro, il futuro, lo vivono sulla propria pelle. Quello che gli hanno preparato con la legge Gelmini dell’università e della ricerca, la «Buona scuola» di Renzi, le leggi sulla precarietà da Treu al Jobs Act non gli piace per nulla. «Serve una riforma totale del mondo dell’istruzione che sappia rinnovare la didattica e immaginare una scuola inclusiva» dicono.

NELLA PAX draghiana la politica pensa a tutt’altro. E, quando non è impegnata nel «greenwashing», fa una legge di bilancio dove «per la nostra generazione non ci sono neanche le briciole. Noi non vogliamo essere precari, vogliamo un Welfare incondizionato che ci permetta di emanciparci davvero» dice Arianna Petrosino della Rete della Conoscenza. Ieri l’Uds ha convocato gli «Stati Generali della scuola pubblica», appoggiati da Arci, ActionAid, Legambiente, Flc-Cgil, Libera, Priorità alla Scuola, Sbilanciamoci e il coordinamento precari che hanno contribuito a scrivere un «Manifesto». Da qui emerge la rivendicazione di un «reddito di formazione» e del «welfare studentesco»: un’erogazione diretta, di base 2.200 euro all’anno, slegato dal reddito familiare (il contrario di quanto fa l’assegno unico per i figli tanto applaudito dalla maggioranza draghiana). E poi erogazioni indirette a tutte gli studenti con soglia Isee inferiore ai 25 mila euro annui senza parametri di «merito». Contro la scuola-azienda «autoformazione», «interdisciplinarietà», «didattica transfemminista e ecologista», «decolonizzazione della didattica in chiave antifascista e antirazzista».

LA RETORICA sulla scuola è criticata dai sindacati Flc Cgil, Uil Scuola, Snals Confsal, Gilda Unams che hanno dichiarato lo stato di agitazione. «Nella legge di bilancio sono stanziati 210 milioni aggiuntivi, un aumento medio mensile lordo di circa 12 euro, una cifra rivelatrice della scarsa o nulla considerazione in cui si tengono gli insegnanti e il personale della scuola dopo due anni di pandemia. Gli insegnanti subiscono una distanza retributiva di oltre 300 euro dagli stipendi dei laureati della Pubblica Amministrazione». Ciò che rende meglio la continuità del draghismo con altre stagioni è il modo, grottesco, in cui intende distribuire i 12 euro lordi: in base alla «dedizione» del lavoratore. è scritto nella manovra. Per i sindacati «è un insulto».