Fucilate per decreto, 120 mila firme contro la caccia selvaggia
Wwf Un cartello di ben 16 associazioni, animaliste e ambientaliste, ha presentato martedì scorso al Presidente del Senato Ignazio La Russa una lettera accompagnata da 120.000 firme
Una sistematica azione di smantellamento: così può essere definita l’attività del Governo Meloni e della maggioranza che lo sostiene in Parlamento nei confronti della normativa a difesa della fauna italiana.
Fin dall’approvazione della legge di bilancio del 2023 nella quale fu introdotto, in maniera del tutto ingiustificata, un emendamento per consentire il prelievo venatorio su tutte le specie persino nelle aree naturali protette e nei parchi urbani, il centrodestra uscito vincitore dalle elezioni 2022 si è caratterizzato per aver sostanzialmente trasformato in programma di governo qualsiasi richiesta delle frange più oltranziste dei cacciatori.
Nei quasi due anni dalla nascita del governo, si è registrato un costante attaccato a tutta la normativa a tutela degli animali, faticosamente conquistata in anni di battaglie legali e parlamentari. Il tutto con la benedizione del ministro dell’agricoltura Francesco Lollobrigida e nel totale silenzio del ministro dell’ambiente Gilberto Pichetto Fratin. E in queste ore la storia si ripete. Alla Commissione «Industria, commercio, turismo, agricoltura e produzione agroalimentare» del Senato è in discussione la legge di conversione del decreto-legge n. 63/2024 (DL Agricoltura) che prevede una serie di disposizioni urgenti per le imprese dell’agricoltura, della pesca e dell’acquacoltura.
Per approfittare dell’eventuale voto di fiducia, vari parlamentari di centrodestra hanno inserito nel provvedimento numerosi emendamenti di modifica della legge n. 157/1992 (la legge che regolamenta la tutela della fauna e il prelievo venatorio in Italia) che, se dovessero essere approvati, indebolirebbero fortemente la protezione della fauna selvatica, aprendo ad una vera e propria liberalizzazione della caccia in Italia.
Gli emendamenti prevedono le cose più disparate, tutte a danno del nostro patrimonio naturale: dalla possibilità di sottrarre alle tutele di legge gli animali barbaramente utilizzati come richiami vivi alla possibilità di sparare agli uccelli in migrazione quando transitano sui valichi montani, dal consentire la caccia dopo il tramonto all’utilizzo di strumenti di caccia vietati dalle direttive comunitarie, dall’eliminazione dei giorni di silenzio venatorio nei quali fino ad oggi è stata vietata la caccia per dare un po’ di tregua alla fauna alla violazione degli stessi principi del processo arrivando a consentire la prosecuzione della caccia anche in caso di accoglimento da parte del giudice amministrativo (Tar o Consiglio di Stato) della domanda di sospensione cautelare di un provvedimento in materia venatoria.
La gravità di quanto sta avvenendo non è solo nella cancellazione di elementi di tutela consolidati e necessari per garantire la sopravvivenza di specie animali, ma nel farlo anche attraverso lo strumento del decreto-legge così da poter modificare la normativa di tutela degli animali senza dover neppure procedere al confronto parlamentare ordinario a cui andrebbe invece sottoposta la revisione di una legge quadro come quella sulla tutela della fauna e sul prelievo venatorio. Una procedura oltretutto ingiustificata, non sussistendo i motivi di urgenza e neppure la congruità rispetto al tema del provvedimento oggetto del decreto-legge.
Per questo, un cartello di ben 16 associazioni, animaliste e ambientaliste, ha presentato martedì scorso al Presidente del Senato Ignazio La Russa una lettera accompagnata da 120.000 firme, 55.000 firme raccolte con una petizione contro la caccia selvaggia ospitata sulla piattaforma IoScelgo e 65.000 firme raccolte attraverso un’altra petizione promossa dalla Lipu. Le associazioni, a partire dal Wwf Italia, hanno chiesto alla seconda carica dello Stato di respingere gli emendamenti «caccia selvaggia» presentati, evidenziando come alcuni di questi, oltre a rappresentare una palese violazione del dettato costituzionale, aprono la strada ad un contenzioso con l’Unione europea. E questa dovrebbe rappresentare una fonte di forte preoccupazione per chi rappresenta il nostro Paese, considerato che l’Italia è già sottoposta ad una procedura di infrazione e ad un’altra procedura Eu-Pilot proprio per il mancato rispetto delle normative europee in tema di tutela della fauna.
*Responsabile Affari Legali e Istituzionali Wwf Italia
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