Chi ha avuto la fortuna di dividere un pezzo di strada con un cane, sa che a raccontarne la trama relazionale non basterebbero le parole. Si può cominciare allora a farle avanzare, farle venire avanti – queste creature canine – attraverso lo sguardo amoroso di chi le ha incontrate e vi ha spartito qualcosa di significativo. Muove da questa intenzione il bel volume di Maria Teresa Carbone, 111 cani e le loro strane storie (Emons, pp. 237, euro 14,95), articolato in narrazioni che spaziano da cani noti al grande pubblico a quelli meno conosciuti perché incrociati in quotidianità più appartate.

Tra i primi spiccano alcuni nomi, per esempio Flush, il cocker nato a casa della scrittrice Mary Russell Mitford, vissuto insieme alla poeta Elizabeth Barrett nonché protagonista di una preziosa scrittura biografica di Virginia Woolf. E che dire dei 14 Lhasa apso che, di generazione in generazione, tennero compagnia alla più famosa e tormentata collezionista d’arte, Peggy Guggenheim. C’è posto anche per Rin tin tin, prima quello cinematografico del 1923 e poi quello televisivo degli anni Cinquanta. Dalla terra, all’immaginario fino al firmamento, la carrellata offerta da Maria Teresa Carbone interroga con passione le vite di cani, gli amori – non solo quelli con le loro compagnie umane – le loro comparse nella storia delle rappresentazioni (uno fra tutti è Reste, il cane di San Rocco ma c’è posto anche per la piccola statua belga di bronzo Zinnike Pis).

Il punto è una costante presenza, attraversamento mai muto o scontato che i cani hanno designato non solo per chi li ha amati da spettatori, di schermi, quadri o racconti. Tenuti stretti, visti ridere (pensiamo per un attimo all’ultimo saluto nel sorriso di Karenin di cui scrive Milan Kundera nel suo L’insostenibile leggerezza dell’essere), sono anche quelli più «anonimi», che non trovano un podio ma che affollano esistenze altrettanto di passaggio, come Indy, Sofia, Camilla e molti altri lungo i viali di Villa Sciarra a Roma a cui questo grato volume è dedicato.