Rio 2016, il fuoco olimpico delle armi
Vigilia Nella favela di Chapadão ieri una dozzina di morti. Per la sicurezza. Lungomare off limits, senza tetto sempre nel mirino e trasporti pubblici sotto pressione. Reportage fra le pieghe della città. Lontano dai riflettori dei Giochi, dalla fiera degli sponsor o dalla passerella delle autorità, si lotta per la vita quotidiana
Vigilia Nella favela di Chapadão ieri una dozzina di morti. Per la sicurezza. Lungomare off limits, senza tetto sempre nel mirino e trasporti pubblici sotto pressione. Reportage fra le pieghe della città. Lontano dai riflettori dei Giochi, dalla fiera degli sponsor o dalla passerella delle autorità, si lotta per la vita quotidiana
«Buona notte, famiglia. Sono venuta a tagliarmi i capelli, vicino dove abito, qui nella favela do Chapadão. Non riesco ad andare a casa, è dalle sette che sono qui, ci sono molti spari. È il Bope. Dicono che ci sono dodici baleados (colpiti da arma di fuoco), 12 morti. Sono bloccata senza poter andar via. Li sentite i colpi? Possiamo solo confidare in Dio».
Così Galucia, al telefono. Si sentono, eccome i colpi d’arma da fuoco. Chiama da dove è guerra vera. Nelle ultime notti le azioni di Bope e polizia si sono intensificate. La stretta sulla sicurezza sta dando molta libertà d’azione anche grazie alla nuova arma della legge anti-terrorismo. Super restrittiva e nuova di zecca, anche se sull’onda della propaganda di questi giorni potrebbe venir perfino inasprita. Già ora essere accusato di terrorismo è facile. Difendersi molto più complesso. E caro, visto l’onorario degli avvocati.
Alla vigilia dei giochi, sono molti gli scontri a fuoco e un sottufficiale è rimasto ucciso. Una parte della stampa esalta l’eroismo dell’agente, una piccola parte fa i conti dei morti e non è ancora finita. La zona Norte è come se fosse un altro mondo. Tant’è che ieri la torcia olimpica è passata così veloce che, di fatto, nessuno l’ha vista. Era a bordo di un mezzo pesante, che è transitato a tutta velocità tra la folla scortato da una moltitudine di agenti in moto e sulle classiche jeep. «Già passata?» ironizzano gli abitanti. Un miracolo che nessuno sia stato investito.
L’arrivo in Zona Sul, invece, diventa una festa. Non poteva essere altrimenti. Diversi gli eventi organizzati. Il più curioso riguarda il tuttofare di “Galletto Sas”, Agnaldo. È il locale dove viene servito, a detta di giurie super qualificate, il miglior galletto della città. Si mangia solo carne, ma la specialità vera sono i cuori di gallina alla griglia: una prelibatezza. Locale quasi centenario, frequentato per lo più dai carioca, chiude i battenti alle 6. Neppure i night e i localini a luce rossa fanno così tardi. Agnaldo è uno dei designati a portare la torcia a Capacabana. Per un piccolo tratto. L’idea è far sentire coinvolti gli esercizi storici della città. Sempre zona sud, si intende.
Altro locale storico di Copa è “Bip Bip”. Qui si suona samba di gran qualità, low fi. Per non disturbare i musicisti alla fine dei pezzi non si applaude, ma si scrocchiano le dita. Quando qualcuno batte le mani diventa chiaro che è straniero, in una città dove lo sono tutti e in fondo non lo è nessuno. In questi giorni pre-olimpici, oltre ai soliti avventori, si possono scorgere diversi senza casa che aspettano di trovare un ciglio dove appoggiarsi a dormire. Perché dopo l’operazione di allontanamento d’inizio settimana non è che siano spariti. È solo che si tratta di facce nuove. Perché c’è sempre qualcuno che si va ad aggiungere. Gente di tutte le età. Tutti neri, tranne Clarissa che ha ventiquattro anni. Occhi azzurri, capelli biondi, sembra timida ma è molto determinata: «Vengo da Sao Paulo, sono appena arrivata. Qui almeno non fa freddo». All’obiezione sul rischio di esser cacciata subito via, sorride e sussurra: «Gentilezza… in strada c’è anche quella ma non la incontro spesso. Quindi che sia Rio, Recife o Belo Horizonte, non cambia poi molto. Non si è mai al sicuro, se si vive così».
Per chi invece sulla strada ci lavora, i tempi sono durissimi. I venditori di bibite sono scomparsi. I colossi della birra hanno stand enormi, super illuminati e praticamente lasciano le briciole a bar e ristoranti. Perché gli sponsor o le aziende partner del Cio ci stanno dando davvero dentro. Quelli del baffo, per cui nulla è impossibile, hanno “occupato” interamente Praca XV. Uno stand super tecnologico, con enormi Usain Bolt e Cristiano Ronaldo che si rivolgono agli astanti. Musica ad altissimo volume, pompatissima, centinaia di ragazze con gli indumenti della grande marca americana che ballano di fronte a un pubblico numeroso.
Una ragazza di Babilonia a questo proposito dice che in fondo anche nel funk e nel rapi brasiliano i testi possono essere sociali ma la figura femminile è sempre associata al sesso. Quindi gli sponsor si comportano di conseguenza. Le immagini che si trovano nei veri e propri padiglioni delle varie multinazionale hanno tre chiari messaggi ripetuti all’infinito: loro sono i migliori, che lo dimostreranno a Rio (anche se producono patatine…) e che alla fine c’è sempre una bella ragazza che aspetta. Sono talmente invadenti i messaggi promozionali, e soprattutto la gara è a chi supera l’altro, che diventa oltremodo curioso trovare sulla facciata a vetri simulata una piscina olimpica con le atlete che nuotano in discesa. Federica Pellegrini è avvertita: sembra che ci vogliano provare in tutti i modi…
Le linee delle metropolitane sono state attrezzate da un giorno all’altro di mega distributori di bevande e cibo confezionato. A scapito dei pochi esercizi che storicamente sono presenti in certe stazioni, come “Catete” o “Carioca”, per non parlare di “G. Osorio” o della splendida “Arcoverde”. È una stazione molto particolare. Si snoda in grotte e cunicoli. Si camminava circondati dalla pietra fino a qualche giorno fa: ora hanno coperto molto con pannelli pubblicitari. Tutti di ditte coreane. A evidenziarne la somiglianza con Gotham City, un artista ha disegnato il simbolo di Batman che si può intravedere passando, guardando in alto, dall’unico pertugio da cui entra la luce naturale esterna. Se ne accorgono in pochi ma è una gran sorpresa.
Qui spunta Simon, musicista di Grosseto. Lui studia musica, la insegna e ci vive. Con il suo ukulele intrattiene gli astanti delle ultime carrozze con canzoni di Sergio Endrigo. E il pubblico apprezza, eccome. «Guadagno in tre ore anche 50 reais (meno di 15 euro, ndr). Qui l’arte di strada è tutelata dalla legge e la gente adora sentire cantare in italiano». Ed è vero perché mentre canta le persone cambiano espressione, ascoltano e poi sono ben contenti di pagare. Simon non ha sponsor. Come i centinaia di musicisti che suonano a Rio.
È parso invece probabilmente più sorprendente vedere il nostro presidente del consiglio parlare con un “sottopancia” sponsorizzato. In Latino America è una pratica diffusa. E di Renzi alle Olimpiadi di Rio ieri sera ha accennato anche il tg di O Globo a cui nessuno dice di credere che però tutti guardano.
Si citano i tanti capi di stato che arriveranno, anche se in realtà sono più le defezioni illustri in occasione della cerimonia d’apertura dei Giochi. Renzi, al contrario, è già arrivato e soprattutto resterà a lungo a Rio.
Intanto, è un continuo andirivieni di scorte di mezzi che trasportano autorità di vario genere e provenienza. Si ferma il traffico e si dà il via libera. Muoversi a Rio diventa quindi sempre più complicato.
E sarà anche peggio dal momento in cui chiuderanno il lungomare. Una città nella città. Da Leme a Leblond non si potrà più transitare. Ma l’idea della prefettura di una tessera dei trasporti speciale in occasione delle Olimpiadi non sembra una gran soluzione. Con venticinque reais si possono prendere tutti i mezzi per un giorno. Il paradosso è che con la tessera comune, la ricaricabile e facendo il biglietto del bus a bordo, si capisce immediatamente che non c’è alcun vantaggio.
Di sicuro, i conduttori di veicoli pubblici in questa città hanno un compito difficile: bisogna dire che gli autobus sono frequenti, anche la notte, e che i taxi di Rio cominciano a sentire l’impatto che sta avendo Huber. Chi non avrebbe dovuto temere la concorrenza sono i Gari, i dipendenti della nettezza urbana della città. Tute arancioni, scopa di saggina e pala in mano o sui camion dai quali scendono e saltano in corsa per raccogliere sempre di corsa i sacchi ovunque si trovano. Sono tutti neri e vengono tutti dalle Zona Norte della città.
Sono una categoria storicamente sottopagata. Lo scorso anno hanno cominciato un percorso autonomo sindacale, staccato dalle due grandi componenti di movimento che non vanno affatto d’accordo tra loro (non succede soltanto in Europa…), portando avanti una vertenza con l’obbiettivo di conquistare un aumento salariale e il miglioramento di condizioni lavorative e turni. Si sono fermati per giorni durante il Carnevale e la gente di Rio ha iniziato a sostenerli, comprendendo le ragioni delle rivendicazioni sindacali.
La municipalizzata ha così aumentato il loro stipendio, a 440 reais, che equivale ad una miseria. Salvo poi, a seguito di un nuovo piano industriale, tagliare di colpo qualche migliaio di posti di lavoro tra i più di 25 mila Gari della città olimpica. Per lo più, tra i licenziati, ci sono proprio quelli che si erano distinti nei picchetti e nelle manifestazioni durante il periodo delle lotte sindacali.
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