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Regole per soccorsi e porti, Lamorgese convoca le ong

Regole per soccorsi e porti,  Lamorgese convoca le ong

L’incontro domani al Viminale. Ma per le organizzazioni la priorità è sbloccare le navi

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 27 maggio 2021

L’appuntamento è per domani pomeriggio alle 16. Invitati dalla ministra Luciana Lamorgese, al Viminale si presenteranno i rappresentanti delle ong impegnate a soccorrere nel Mediterraneo centrale i migranti in fuga dalla Libia. Fino a ieri sera tutti hanno confermato di voler partecipare all’incontro, al quale sarà presente anche il coordinatore del Comitato per il diritto al soccorso Luigi Manconi. «Si tratta di un nuovo tassello che si aggiunge al percorso avviato dalla ministra due anni fa», spiega Manconi.

Folta la delegazione delle ong, in rappresentanza di tutta la flotta umanitaria. Saranno infatti presenti: Open Arms, Sea Watch, Sea Eye, Sos Mediterranée, Medici senza frontiere, Mediterranea, Emergency e ResQ. Anche se dal Viminale non è stato anticipato nulla sui temi che verranno affrontati, è praticamente scontato che la ministra vorrà sondare il terreno circa la possibilità di introdurre alcune regole al lavoro delle ong senza per questo, ovviamente, mettere in discussione il diritto/dovere di soccorrere chi si trova in difficoltà. Di fatto un nuovo codice di condotta per le navi umanitarie, dopo quello preparato nel 2017 dall’allora ministro Marco Minniti.

Con l’incontro di domani è la terza volta che la titolare del Viminale si confronta con le ong. La prima avvenne nel 2019 subito dopo il suo arrivo al ministero e servì alle parti più che altro per conoscersi. Poi, a gennaio del 2020, il secondo faccia a faccia nel quale si cominciò a parlare della possibilità di scrivere nuove norme per l’attività di ricerca e soccorso. Argomento subito archiviato anche per l’emergenza Covid che bloccò tutto. Ora Lamorgese ci riprova, ma nel frattempo alcune cose sono cambiate. Da più di un anno la commissaria Ue agli Affari interni Ylva Johansson ha in mano una bozza di regolamento messa a punto dai tecnici del Viminale e forte di quattro capitoli: Sicurezza degli assetti navali: Regole di comportamento per le ong: Obblighi di informativa e Responsabilità degli Stati membri. Bozza che raccoglie molte delle restrizioni previste a suo tempo da Minniti e che dovrebbe essere la base della discussione di domani.

Altra novità è che da giugno dell’anno scorso le navi delle ong vengono bloccate nei porti con i pretesti più vari al termine delle operazioni di soccorso. Al momento è in navigazione solo la Ocean Viking di Sos Mediterranée e questo dopo che la nave della ong ha passato mesi in cantiere per adeguarsi alle richieste italiane.
Anche se la competenza sulle navi è del ministero dei Trasporti, lo blocco delle imbarcazioni umanitarie sarà la prima richiesta che le ong rivolgeranno alla ministra.

Non è escluso, però, che la ministra metta sul tavolo anche altre questioni A partire dal Patto di Malta siglato nel 2029 e che prevede una distribuzione dei migranti tra i Paesi aderenti. Ma, soprattutto, la rotazione dei porti di sbarco, punto sul quale ha insistito anche il premier Mario Draghi nel consiglio europeo di mercoledì scorso a Bruxelles. E al quale domani se ne potrebbe aggiungere un altro: la possibilità di sbarcare i migranti nei Paesi di bandiera delle navi.

Se la questione dei porti verrà davvero affrontata in questi termini, la distanza tra la ministra e le ong è a dir poco abissale. Per le organizzazioni umanitarie c’è infatti poco da discutere: «L’assegnazione di un porto riguarda l’approdo più vicino e sicuro per i migranti, come previsto dalle normative internazionali», spiega infatti una delle persone che domani parteciperanno all’incontro. Per le ong le cose cambierebbero se invece venisse previsto un meccanismo che consentisse lo sbarco immediato dei migranti nel porto più vicino e poi la loro distribuzione tra gli Stati che aderiscono al patto di Malta oppure verso i Paesi di bandiera delle navi. «Ma solo dopo aver garantito un approdo sicuro a uomini, donne e bambini già duramente provati dal viaggio», prosegue il volontario.

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