«La Lupa siamo noi», il grido delle scuole in movimento
Scuola La mobilitazione partita in autunno dall’occupazione di 60 istituti nella capitale. Le rivendicazioni: no all’alternanza, finanziamenti, attenzione alla salute mentale. Oggi e domani a Roma assemblea nazionale con i collettivi delle altre città
Scuola La mobilitazione partita in autunno dall’occupazione di 60 istituti nella capitale. Le rivendicazioni: no all’alternanza, finanziamenti, attenzione alla salute mentale. Oggi e domani a Roma assemblea nazionale con i collettivi delle altre città
Le mobilitazioni sono tante, i movimenti pochi. La prima differenza sta nel guadagnarsi un nome proprio. Negli ultimi anni sono state battezzate l’esplosione femminista di Non Una Di Meno e poi quella ecologista dei Fridays For Future. In tre decenni nel mondo della formazione è successo due volte: alla Pantera, tra la fine del 1989 e la primavera del 1990, e poi all’Onda, alzatasi improvvisamente nell’autunno 2008 e andata avanti fino a dicembre 2010 tra alte e basse maree.
«Più che a una Pantera, la mobilitazione degli studenti romani somiglia a una Lupa», ha scritto il 16 dicembre scorso Giuseppe Di Piazza sul Corriere della Sera, sottolineando l’anomalia capitolina dei 60 istituti superiori occupati in pochi mesi. Il giorno successivo a Roma c’è stato un corteo di migliaia di ragazzi e poi una grande assemblea. «Ci siamo chiesti: siamo un movimento? Vogliamo accollarci il nome Lupa? Abbiamo risposto di sì», racconta Nicolò.
È SEDUTO SULLE GRADINATE dell’ex Cinodromo di Roma Sud che dal 2002 è il centro sociale Acrobax. Alcuni metri più in là c’è un’assemblea cittadina con quasi cento ragazze e ragazzi. Di qua, staccati per l’intervista, studenti di alcune delle scuole più attive: Pacinotti-Archimede del Tufello; Charles Darwin e Leopoldo Pirelli del Tuscolano; Tasso e Virgilio del centro. Licei classici e scientifici, istituti tecnici e professionali che dall’autunno disegnano in città nuove mappe ribelli. «Si sono mobilitate scuole mai viste prima. La forza del movimento nasce da un processo spontaneo, costruito dai collettivi dei singoli istituti dopo il rientro tra i banchi a settembre. Per noi è stato disastroso», dice Syria.
Investimenti strutturali per mettere in sicurezza gli edifici e far crescere il numero di aule. Aumenti salariali a personale Ata e docenti, «che hanno un ruolo sociale fondamentale e non possono ottenere la cattedra dopo 30 anni di precarietà». Riorganizzazione di tutto il sistema educativo perché «la scuola deve formare persone capaci di scegliere e non soggetti funzionali al mercato del lavoro». Sono tante le rivendicazioni della Lupa. E per nulla confuse.
CE N’È UNA COMPARSA per la prima volta nei comunicati studenteschi: parla di salute mentale. «In tanti chiedono che a scuola ci sia una psicologa. La tarantella del governo sul bonus poi ritirato ha creato rabbia e tristezza», afferma Mattia. Oltre alle sensazioni personali gli studenti tirano fuori i dati: l’aumento del 30% di tentati suicidi ed episodi di autolesionismo nella fascia 12-18 denunciato dal Bambin Gesù a gennaio 2021; i due studenti che si sono uccisi e i tre che ci hanno provato il 13 settembre scorso in Lombardia, nel primo giorno di scuola; i risultati di una ricerca condotta in diversi paesi su 80mila adolescenti e pubblicata su Jama Pediatrics che ha rilevato come tra gli adolescenti il 25% abbia sintomi di depressione e il 20% di ansia.
«Confrontandoci nel movimento abbiamo capito che la psicologia non può risolvere tutto, perché il disagio che viviamo non è individuale ma collettivo e politico. Un inglese ha detto che l’ansia è l’emozione della precarietà», afferma Giuliano. L’«inglese» è Mark Fisher, filosofo e teorico politico che si è tolto la vita nel 2017.
NELL’ITALIA CHE CELEBRA la ripresa economica del «governo dei migliori» e il +6,5% del Pil 2021, lo scorso anno sono stati recuperati 540mila posti di lavoro: tre su quattro a tempo determinato, cioè precari. A dicembre la disoccupazione è scesa al 9%, ma nella fascia 15-24 anni è tripla. Le tendenze di lungo periodo non lasciano spazio a ottimismi. «Il problema non è solo il futuro, ma il presente. Siamo precari già oggi perché i nostri genitori possono essere licenziati o perdere la vita sul posto di lavoro. Noi stessi possiamo morire durante un tirocinio. Come dimostra la storia di Lorenzo Parelli», dice Leonardo. L’eliminazione dell’alternanza scuola-lavoro era uno dei punti di rivendicazione delle scuole occupate. Dopo il tragico episodio di Lauzacco è tornata con forza dentro il movimento. «Va abolita, a scuola non si va per lavorare gratis. Per gli studenti dei tecnici e professionali che desiderano un’esperienza diretta va tutelata la sicurezza e garantita la possibilità di scegliere le attività. Adesso sono costretti a progetti inutili», dice Giuliano.
Contro l’alternanza gli studenti della Lupa non hanno speso solo parole, ci hanno messo i corpi. Domenica 24 gennaio si sono visti al Pantheon. Quando hanno provato a raggiungere il ministero dell’Istruzione sono stati duramente caricati. Sei i feriti. Altre cariche sono arrivate, complici le restrizioni del diritto a manifestare varate dal Viminale prima dello shopping natalizio, il venerdì successivo a Torino, Milano e Napoli. Quel giorno a Roma è andata diversamente: all’incrocio tra via Cavour e via degli Annibaldi il corteo ha rallentato e da dietro un cordone sono partite uova, vernice, fuochi d’artificio e petardi verso la celere. «Nessun infiltrato – dicono gli studenti – La violenza subita ha fatto aumentare la nostra rabbia».
I COLLETTIVI DELLE SCUOLE usano molto Instagram e poco Facebook. La Lupa ha entrambi, ma non Twitter. I video pubblicati scorrono sulle basi di Assalti Frontali, Noyz Narcos e Keny Arkana. Anche i cori scanditi in piazza riprendono ritmi e testi di stagioni precedenti: dal «Pagherete caro, pagherete tutto» degli anni Settanta a «Se ci bloccano il futuro, noi blocchiamo la città» dell’Onda. Non stupisce, dopo due anni di vita sospesa la creatività ha bisogno di trovare tempi e spazi, di scorrere tra le nuove relazioni alimentate dal movimento. Lo striscione che ha aperto il corteo di ieri ne è un esempio: «Gli immaturi siete voi». L’ironia è rivolta in primis al ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi che nei giorni scorsi ha deciso di reintrodurre lo scritto della maturità già da questo giugno, senza tenere conto di due anni di Dad ed evitando il confronto con il mondo della scuola.
«Il governo non ha mai voluto ascoltarci. L’unica risposta sono state sospensioni, denunce e manganelli», dice Cristian. Ha occupato scuola con gli altri compagni dal 7 al 10 dicembre. Per questo ha ricevuto 16 giorni di sospensione. Sono gli effetti della circolare di Rocco Pinneri, direttore dell’Ufficio scolastico regionale del Lazio, che ha invitato ad adottare provvedimenti contro i responsabili delle proteste. «Ho dovuto fare ricorso per avere almeno l’obbligo di frequenza. Colpiscono persone singole per tagliare la testa al movimento», aggiunge Cristian.
L’ASSEMBLEA STA INIZIANDO e l’intervista deve finire. C’è spazio per un’ultima considerazione. «Dallo scoppio della pandemia siamo stati nominati solo quando serviva un capro espiatorio. Additati come quelli che bevono, si abbracciano e fanno casino fregandosene del covid. Alle manifestazioni hanno risposto solo con la repressione. Ma adesso basta», dice Giovanni. «Dopo due anni di Dad e riunioni su Meet e Zoom questo movimento è una boccata d’aria – aggiunge Syria – Per noi è tempo di riscatto». Con questo slogan oggi e domani si terranno a Roma due giornate di assemblea nazionale con i collettivi delle altre città.
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