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De Corato perde la causa

De Corato perde la causaRiccardo De Corato

Diffamazione L'ex vicesindaco di Milano dovrà restituire a Luca Fazio e al manifesto 23mila euro più interessi e spese legali

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 29 maggio 2013

Riccardo De Corato ha perso e dovrà restituire al manifesto 22.907,03 euro più gli interessi e oltre 3mila euro di spese legali. Come molti di voi ricorderanno, l’ex vicesindaco di Milano aveva citato Luca Fazio e l’allora direttore responsabile del manifesto Sandro Medici per un articolo scritto il 25 gennaio del 2009 sullo sgombero del centro sociale Conchetta (Cox 18) e la successiva manifestazione a Milano.
Il nostro Luca, contumace per i problemi legali della liquidazione coatta, era stato condannato in primo grado per diffamazione ma non poteva risarcire De Corato perché nullatenente e in cassa integrazione (l’assegno di cig è impignorabile). Non contento della provvisoria vittoria legale, l’allora senatore del Pdl aveva chiesto il pignoramento dei mobili di Luca mandandogli a casa l’ufficiale giudiziario.

L’onorevole che pignora i mobili al cassintegrato ci era sembrato un’enormità anche in tempi di «casta» ma De Corato non ha voluto sentire ragioni («me ne frego, me ne avete fatte troppe», ci disse al telefono). Così lanciammo una colletta pubblica per risarcirlo in contanti. Una campagna che, tra gli altri, ricevette il sostegno straordinario di Dario Fo, dell’allora presidente Fnsi Roberto Natale, dell’ex presidente del comitato europeo contro la tortura Mauro Palma, della nostra Manuela Cartosio e di decine e decine di lettori. Grazie al vostro aiuto, in pochi giorni abbiamo messo insieme 23.907,03 euro regolarmente bonificati sulla filiale Bnl del senato il 22 novembre 2012 (abbiamo scoperto che risarcire in monetine è vietato).

In questi giorni la seconda sezione civile della Corte d’Appello di Milano ha dato ragione a Fazio e al manifesto, assistiti dallo studio Fiore-De Crescienzo di Roma e dall’avv. Stefania Etteri di Milano, e ha respinto in toto tutte le richieste di De Corato, rovesciando la sentenza e intimando la restituzione del risarcimento.

Appena riceveremo il bonifico, sottoscriveremo per il manifesto a suo nome con immenso piacere.

 

Ripubblichiamo gli interventi di Dario Fo e Mauro Palma, usciti sul manifesto del 26.10.2012 e 25.10.2012

Il giullare e il tribunale (Dario Fo)

Il caso di Luca Fazio, giornalista cassintegrato del manifesto che avrebbe diffamato Riccardo De Corato mi sembra la chiave di contrappunto rispetto alla galera inflitta a Sallusti. In teatro si parla di equilibrismo quando con una trovata scenica si ribalta la situazione, si capovolge in un gioco assurdo e paradossale una circostanza che ha un suo andamento logico.
Nell’articolo sanzionato ci sono alcuni passi che, al di là degli insulti che un politico come De Corato ha voluto considerare offese, rendono bene l’aria che si respirava a Milano a quei tempi. Il primo – «Chi sgombera non legge libri», lo slogan gridato durante la manifestazione contro lo sgombero del centro sociale Conchetta – ha sicuramente irritato quel mondo politico e culturale che purtroppo a mia volta conosco bene, perché è da quel mondo che è spuntata, direttamente o indirettamente, la bomba messa sotto la palazzina liberty del teatro dove noi recitavamo.
A certi personaggi la parola cultura li fa diventare come un toro che vede rosso, è una parola che non va nominata davanti a un De Coratodi quel livello. Ricordate il detto ripetuto dai nazisti? «Quando vedo un intellettuale, la mano meccanicamente mi va subito dritto alla fondina della pistola».
La seconda battuta è quella pronunciata dallo stesso De Corato poco prima della manifestazione: «Milano oggi diventerà un’arena». Ecco, la proiezione storica e culturale di quell’amministratore è l’antica Roma, con i gladiatori che s’azzannano l’un l’altro e il popolo urlante: una visione culturale aberrante.
La terza è l’effige di De Corato con su scritto «Zona a pensiero limitato». È questa verità che lo ha offeso di più.
Così un racconto che non mi pare diffamatorio e che è evidentemente satirico e grottesco, che tira anche uno sfottò agli stessi manifestanti, al «tanto rumore per nulla» che c’è stato in quella manifestazione, è diventato l’occasione per mettere il carico da undici su una battuta che poteva passare inosservata e laterale.
Il punto sta in quella manifestazione non organizzata e negli insulti che da lì si sono levati. E invece, in un Paese che batte tutti i record per il basso numero di lettori, quando a riversarsi per le strade sono persone tanto eterogenee, non inquadrate, che si muovono come individui in difesa dei libri e del diritto di leggerli, risentiti di questo atto di prepotenza tanto ottusa e anche un po’ fascista, bisognerebbe prestare attenzione.
Dobbiamo scorrere la storia della satira, per capire questo presente. Dobbiamo ricordare il regolamento contro i giullari emesso nel 1225 da Federico II e il «De vulgari eloquentia». Il giullare non ha diritto di parola in tribunale, bisogna punirlo assolutamente quando ci cade tra le mani. È pericoloso, il giullare, perché fa muovere il riso e l’intelligenza. Per questo è un dovere del cittadino fedele al potere bastonarlo e farlo bastonare. (testo raccolto da Eleonora Martini)

 

Il potere e il cassintegrato (Mauro Palma)

Mentre si discute a gran voce dell’inutilità del carcere per rieducare Alessandro Sallusti, mentre non ci si indigna a sufficienza per quanto scritto da Renato Farina sulle vite altrui, mentre si cerca di approvare affrettatamente norme giustamente definite leggi-vendetta che rischiano di aggredire la libertà d’informazione, mentre si discute in insopportabili talk show dell’insopportabilità di un’ auto-rappresentazione di una larga parte del mondo politico, mentre i giornali senza padroni, quale il manifesto si arrabattano tra liquidatori vari.

Mentre tutto ciò accade, il deputato Riccardo de Corato decide di rovinare un cassintegrato giornalista del manifesto, reo di averlo diffamato in un suo articolo del 2009, in cui riferiva di una manifestazione contro uno sgombero di un centro sociale milanese. Nessuna transazione amichevole è da lui accettata, neppure un riconoscimento a piena pagina di averlo diffamato: no, vuole il risarcimento subito; quindi, non essendo pignorabile quanto percepito da un cassintegrato, vuole il pignoramento dei suoi mobili o di quant’altro egli possa avere.

Una storia indegna di ciò che dovrebbe essere il minimo modo civile di dirimere conflitti, di un civile vivere all’interno di uno stesso spazio pubblico: l’onorevole contro il cassintegrato ha l’aspetto plastico del rapporto di potere. Di un rapporto di potere che non si vergogna e lascia noi a vergognarci di come siamo rappresentati. Perché anche l’oppositore politico in fondo rappresenta la fisionomia collettiva di un Paese.
Diamogli il centesimo richiesto che è molto più del valore della sua azione legale.

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