Le prossime elezioni europee sono un appuntamento importante per cercare di invertire la rotta delle politiche di austerità e arginare la ventata populista che rischia di far vincere in molti paesi la destra, i partiti anti-europeisti e le forze xenofobe. È in Europa che si gioca la partita decisiva sulle politiche necessarie per uscire dalla crisi. Lo scenario, ancora oggi, è quello delle politiche liberiste e rigoriste che hanno fatto della spesa pubblica il nemico principale, del lavoro una merce a disposizione delle imprese, del welfare una elargizione compassionevole, dell’ambiente una variabile del modello produttivo.

Le politiche europee liberiste e rigoriste di questi anni hanno dato fiato al populismo e all’anti-europeismo. Il binomio tecnocrazia oligarchica-populismo xenofobo ha stretto in una tenaglia asfissiante la democrazia, la politica, la rappresentanza ed il ruolo delle istituzioni elettive. Stritolando il modello europeo della coesione sociale, del welfare dei diritti, della democrazia rappresentativa. La sinistra moderata europea ha esercitato un ruolo subalterno alle politiche dell’austerità e non è riuscita a prospettare una visione e delle conseguenti politiche radicalmente diverse.

La sinistra radicale in molti paesi europei non è riuscita a prospettare un’idea di cambiamento dell’Europa fondata su alternative percorribili, non ideologiche, lontane da un pregiudizio anti-europeo. Però, in Grecia, Syriza ha esercitato un ruolo importante nel fornire un punto di riferimento politico e culturale contro politiche di austerità e nel prospettare ma via d’uscita dal vicolo cieco del liberismo.

Bene ha fatto Vendola a sottolineare sul manifesto l’esistenza, anche per la sinistra italiana, di uno spazio tra Schultz e Tsipras, rilevando l’importanza sia dell’approccio critico del presidente tedesco contro l’austerità che della visione alternativa del leader greco contro l’Europa delle tecnocrazie e delle oligarchie. Questo spazio politico europeo, nella costruzione di pratiche e politiche di alternativa, può trovare una concreta declinazione in Italia con la costruzione di un’iniziativa che ci porti alle elezioni europee con un nuovo e generoso protagonismo di Sel. Nessuna entrata nel Pd, né patti federativi con chi ha sposato e pratica le larghe intese sono possibili. Lo scenario prevedibile, senza una proposta innovativa di cui Sel deve e può essere portatrice è quello già visto alle ultime elezioni europee: tre-quattro liste alla sinistra del Pd che non superano il 4% con l’effetto di disperdere un bacino potenziale del 7-8% di elettorato ostile alle politiche di austerità o che potrebbe esser risucchiato dal astensione e dalle liste Movimento 5 Stelle.
La strada possibile per il prossimo appuntamento europeo è quella di una lista elettorale fatta da personalità della società civile e dei movimenti, proposta già indicata da Barbara Spinelli e altri, per dare rappresentanza a una “altra Europa” che deve far tornare a sentire la sua voce a Strasburgo e a Bruxelles. È una prospettiva che ci viene dalle reti alternative degli economisti europei -come quelle animate da Sbilanciamoci- dai movimenti sociali anti-liberisti, dalle mobilitazioni di questi anni. Sel potrebbe in questo modo assumere un ruolo importante nella ricostruzione -in Europa- di uno spazio politico radicale e riformista che si tiene alla larga sia dalla filosofia delle larghe intese (che imperano anche in Europa) sia da un anti-europeismo ideologico e sterile.

Questa prospettiva può anche dare a Sel -in previsione del congresso che inizierà venerdì prossimo- la forza per riprendere il lavoro di costruzione di una soggettività a sinistra – tra il Pd e il Movimento 5 Stelle – autonomo, capace di aggregare nuove forze, radicale e riformista che mette al centro il lavoro, l’ambiente, i diritti e la pace. In questi mesi Sel ha fatto battaglie importanti: ha presentato alla Camera un importante Piano del lavoro e per un New Deal europeo unendo la battaglia per il reddito di cittadinanza a quella per il lavoro. E’ stata in prima fila nella mobilitazione contro gli F35, per la cancellazione della Bossi-Fini e la chiusura dei Cie, ha presentato una legge,sempre più urgente, sulla rappresentanza, per il diritto di voto alle lavoratrici e ai lavoratori. Sel ha svolto durante la legge di stabilità una battaglia significativa che ha strappato finanziamenti per il diritto allo studio, la cooperazione internazionale, i contratti di solidarietà, il trasporto pubblico locale.

Da qui bisogna ripartire per sconfiggere la politica delle larghe intese e per costruire anche in Italia un alternativa di governo che ha bisogno di uno spazio politico autonomo e radicale della sinistra che faccia del lavoro, della democrazia e dei diritti le sfide su cui costruire la prospettiva del cambiamento in Italia. Per fare questo serve una grande campagna di ascolto e di partecipazione, la costruzione di cantieri di quella sinistra diffusa – non reducista e ideologica, che ci faccia uscire da un ” aventino all’incontrario” in cui rischia di restare impantanata oggi l’azione politica di Sel e sulla base della quale ricostruire la prospettiva di una sinistra senza aggettivi che trovi lo spazio che ha e si merita in questo paese.