Balletti a sinistra, quelli del Nì e del So. Con un occhio a Renzi, anzi due
Referendum costituzionale Ex vendoliani divisi in tre. Il congresso è a febbraio, ma il voto di dicembre deciderà già tutto. Due senatori si sfilano dal fronte del No: «Ci iscriviamo al partito di Pisapia: quello che non accetta che il confronto sulla riforma si trasformi in uno scontro mortale fra anime progressiste»
Referendum costituzionale Ex vendoliani divisi in tre. Il congresso è a febbraio, ma il voto di dicembre deciderà già tutto. Due senatori si sfilano dal fronte del No: «Ci iscriviamo al partito di Pisapia: quello che non accetta che il confronto sulla riforma si trasformi in uno scontro mortale fra anime progressiste»
Il Pd si divide e le sue minoranze si trasformano nella «sinistra del No»? Ed ecco che alla loro sinistra anche i post vendoliani si dividono. E se i primi, quelli del Pd, sono sospettati di progettare una scissione verso sinistra, i secondi sono indiziati della preparazione di una verso destra, e cioè verso lo stesso Pd. È il moto perpetuo della sinistra italiana. Una quadriglia senza fine.
Ieri sono nati i comitati del «So», sillaba fin qui politicamente sconosciuta. Non è né Sì né No, e non essendo neanche Nì fatalmente finisce per assomigliare parecchio a un Sì. Li hanno scherzosamente annunciati il pugliese Dario Stefàno e il sardo Luciano Uras, senatori di Sel da tempo in aperta rottura con il nuovo partito Sinistra italiana, a sua volta schieratissima sul No.
I due si sfilano dal fronte contrario alla riforma. Perché, spiegano, i comitati sono «di ispirazione partitica» e «non aiuteranno la discussione con e tra i cittadini». La politica deve « gridare e strappare il consenso» ma «accompagnare i cittadini a scegliere con conoscenza e consapevolezza». E loro, in scienza e coscienza sono convinti che in caso di vittoria del Sì non ci sarà alcuna deriva autoritaria: «La Costituzione repubblicana rimarrà intatta nei suoi principi fondamentali», dicono. Ma è l’esatto opposto di quello che sostengono i loro colleghi di Si tutti i giorni e più volte al dì.
I due non sono i primi della famiglia della sinistra fuori dal Pd ad avvicinarsi alle posizioni del governo Renzi. Già un mese fa l’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia si era chiamato fuori «dallo scontro tra guelfi e ghibellini sul referendum costituzionale». Non era un sì, anche se con i suoi collaboratori ammette di apprezzare la riforma. D’altro canto non è un mistero che a Renzi, che con Pisapia intrattiene rapporti cordialissimi, non dispiacerebbe la nascita di una sinistra ’dialogante’, pronta ad allearsi con il Pd quando l’Italicum – una volta vinto il referendum – sarà modificato con il premio di maggioranza alla coalizioni. Un’alleanza a cui non è invece propenso il nascente partito Sinistra italiana né i suoi front men Nicola Fratoianni e Stefano Fassina. Sarà uno dei ’temi caldi’ del congresso fondativo rimandato a febbraio.
Secondo Stefàno e Uras la campagna referendaria di Si non va bene: «Ci iscriviamo allo stesso partito di Pisapia: quello che non accetta che il confronto sulla revisione costituzionale si trasformi in uno scontro mortale tra le diverse anime del campo democratico e progressista a danno della prospettiva di un governo avanzato del paese». Cioè di una nuova alleanza di centrosinistra sul modello di quella che ha fatto vincere Sala a Milano (per la cronaca: di misura e solo grazie ai voti della sinistra radicale e dei radicali). Un’idea di nuova coalizione che Pisapia predica negli incontri di queste settimane con l’intento di costruire «una rete a sinistra». E che piace anche al giovane sindaco di Cagliari Massimo Zedda, altro vendoliano non ancora schierato al referendum. E molto caro anche al sindaco di Genova Marco Doria, pure lui fin qui non pervenuto (ma tendente al No secondo chi lo frequenta).
La scelta dei due senatori forse non farà molti proseliti ma è un dito nell’occhio soprattutto a una parte di Sinistra italiana. Quella che sta su un’altra posizione ancora: una specie di terza via fra la rottura con il Pd e il prematuro fidanzamento con Renzi. Si tratta di un ’gruppo di contatto’ che da mesi lavora – riservatamente ma neanche troppo – per riaprire il dialogo a sinistra. Dodici parlamentari, molti amministratori. Che però, al contrario di Pisapia, militano nel fronte per il No. Convinti che la sconfitta di Renzi riaprirebbe i giochi nel Pd. Quest’area «alternativa» – guidata da Massimiliano Smeriglio e Ciccio Ferrara – guarda alle mosse dell’ex segretario Pd Bersani, da sempre fautore della coalizione. E a quello che può succedere a sinistra in caso di vittoria del No. Non a caso dal 12 al 14 novembre organizza a Roma una festa: special guest Massimo D’Alema, uno dei principali esponenti del No. Francamente insospettabile di simpatie renziane.
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