Una scena straziante ha accolto i soccorritori che ieri hanno raggiunto le spiagge di Zwara: i corpi di 117 migranti annegati, tra cui 70 donne e cinque bambini. Dagli orribili sgozzamenti dell’Isis di cristiani egiziani ed etiopi non si vedevano scene simili sulle coste libiche. Gli uomini e le donne, ritrovati ieri, hanno tutti origine sub-sahariana.

Mohamed Misrati, portavoce della Mezzaluna rossa in Libia, ha confermato che le operazioni sono ancora in corso per il recupero dei cadaveri. Secondo il sito Migrant Report, i corpi dei migranti sono da considerare come una parte dei 700 dispersi del naufragio della scorsa settimana. «Non è chiaro in che punto sia avvenuto il naufragio ma i cadaveri portano già sul corpo segni evidenti di decomposizione», hanno confermato i soccorritori. La scorsa settimana erano state tratte in salvo 450 persone a largo di Zwara. Secondo alcuni tra i sopravvissuti, erano almeno cento i migranti che mancavano all’appello al momento del loro salvataggio. La città si trova in una regione estremamente sensibile, a 37 chilomentri dal confine tunisino e a 102 km da Tripoli.

Il confine tra Libia e Tunisia si è dimostrato poroso al passaggio di armi, jihadisti e contrabbandieri, spesso direttamente coinvolti nel business delle migrazioni. Ancora una volta il premier in pectore, Fayez al-Serraj, ha dimostrato di non avere nemmeno il controllo accettabile della Tripolitania, in particolare l’intesa che era stata assicurata dalle municipalità – per mesi essenziale per il premier Khalifa Gweil che si oppone a Serraj – con lo scopo di mettere a freno il flusso di profughi ed accreditarsi agli occhi della comunità internazionale, sembra davvero vacillare considerando l’aumento degli sbarchi nel Canale di Sicilia.

I migranti non partono solo dalla Tripolitania ma anche dalla Cirenaica o dalle coste egiziane. Come nel caso dei 350 profughi tratti in salvo ieri al largo di Creta. Ancora una volta l’aumento dei flussi è la leva principale utilizzata da tutte le fazioni libiche sia per confermare il caos, sia per accelerare un più incisivo intervento internazionale nel paese che potrebbe prendere di nuovo le fattezze di un attacco Nato, dopo i disastrosi bombardamenti del 2011.

Francia e Gran Bretagna sarebbero ancora una volta in prima fila in caso di intervento, mentre continua il pressing Usa per un ruolo italiano di guida – già chiesto peraltro dal governo Renzi – di una possibile missione di terra, richiesta da al-Serraj e con l’avallo delle Nazioni unite. Intanto anche la situazione di confusione e guerra in corso crea le basi per nuove disperate fughe dalla Libia. I combattimenti del comando congiunto della missione al-Bunyan al-Marsoos (Struttura solida) per la liberazione di Sirte nelle mani dello Stato islamico (Isis) sarebbero arrivati invece ad un punto di svolta. Secondo le dichiarazioni del comandante libico, Mohammed al-Ghasri, i soldati sarebbero entrati nella periferia della città, coperti dai bombardamenti dell’aviazione di Misurata. Al Ghasri ha anche annunciato un piano di emergenza per mettere sotto controllo il centro urbano e arrestare i jihadisti asserragliati in città. Secondo le stime fornite dalle Nazioni unite sarebbero quasi 3mila i jihadisti di Isis in Libia per la maggior parte concentrati proprio a Sirte.

Nei giorni scorsi sarebbe stato abbattuto un aereo da combattimento dei miliziani di Misurata nei cieli della città natale di Gheddafi. Per il sito di monitoraggio delle attività dei jihadisti Site, l’aereo sarebbe stato abbattuto 30 chilometri a ovest di Sirte. Fonti filo-governative parlano di un guasto tecnico dopo una serie di raid contro le postazioni di Isis. I jihadisti in fuga da Sirte avrebbero anche fatto esplodere un ordigno nella periferia della città, costato la vita a 50 miliziani di Misurata. Il numero delle vittime non è stato confermato dal quartier generale di al-Bunyan al-Marsoos.

L’esplosione sarebbe avvenuta alle porte della base militare di al-Gardabiya in località Buhadi. Le forze di al-Serraj avrebbero utilizzato artiglieria pesante per la prima volta dopo la conquista di al-Zaafaran e al-Gharaibat. La battaglia per la liberazione di Sirte dalle mani di Isis va avanti da tre settimane in seguito alla conquista di Derna per opera dei jihadisti di Ansar al-Sharia, vicina ad Al Qaeda, che controllano anche parte del distrutto centro di Bengasi. Le brigate per la difesa di Bengasi sono state formate nei giorni scorsi proprio per impedire nuovi attacchi da parte del generale Khalifa Haftar nel capoluogo della Cirenaica.