Negli stadi si è visto – e si è sentito – di tutto, anche in Spagna: insulti omofobi, cori antisemiti, cantici sessisti e, come no, insulti razzisti. Qualcuno ricorderà l’increscioso episodio della banana tirata a Dani Alves durante un Barcellona-Villareal di qualche anno fa. Eppure nemmeno quello era bastato a far applicare il regolamento, ovvero a sospendere la partita. Lo spettacolo deve continuare, sempre, nonostante le banane, le urla di «Shakira puttana», di «negro cabrón recoge el algodón», e un nutrito repertorio di variazioni sui soliti temi che sono ormai la lingua franca degli stadi di mezzo mondo. Tutto è tollerato pur di far rotolare il pallone, tutto meno «Zozulja puto Nazi», che ha fatto sospendere, per la prima volta nella storia della Liga, una partita. È successo domenica scorsa durante l’incontro di serie B spagnola tra il Rayo Vallecano e l’Albacete, quando i Bukaneros – tifoseria di sinistra della squadra di Vallecas, un quartiere madrileno di tradizione operaia – hanno scandito il loro cantico all’indirizzo di Roman Zozulja, centravanti della squadra ospite.

Ma chi è Zozulja, e perché la taccia di nazismo da parte della curva del Rayo? Nato a Kiev nel 1989, l’ucraino è in effetti noto per il suo controverso attivismo politico: sostenitore dei White Boys (ultras di estrema destra del Dnipro, la formazione in cui crebbe calcisticamente), vicino alla causa nazionalista e all’esercito ucraino (su internet girano foto del giocatore in divisa paramilitare e mitra in braccio), cofondatore e finanziatore di Narodna Armiya (l’Esercito del popolo, un’organizzazione paramilitare attiva nella zona del Donbass con funzioni di appoggio logistico all’esercito regolare e reclutamento di combattenti), l’attaccante si è fatto persino fotografare di fianco all’effige di Stepan Bandera, idolo dei nazionalisti ucraini e collaborazionista nazista durante la Seconda guerra mondiale. Ce n’è abbastanza, insomma, per giustificare la contestazione dei Bukaneros, che però non ha trovato il sostegno né della dirigenza del club né della Liga, presieduta da Javier Tebas, personaggio politicamente vicino al partito di ultradestra Vox.

Ma per comprendere esattamente la vicenda di domenica scorsa, bisogna fare un salto indietro fino al 2017, anno in cui Zozulja fu acquistato proprio dal Rayo Vallecano, salvo essere rispedito al mittente (allora il Betis di Sevilla) senza nemmeno aver messo un piede in campo a causa delle proteste della tifoseria, che già allora lo aveva dichiarato persona non grata e domenica lo aspettava al varco. «Noi tifosi avevamo la data segnata sul calendario», racconta Miguel Gómez Garrido, abbonato del Rayo. «Però ci ha sorpreso l’interruzione della partita, anche se a Vallecas siamo abituati a essere il bersaglio della federazione. La sospensione l’abbiamo accettata con rassegnazione», continua, «ma è più difficile accettare la motivazione della Liga, che parla di xenofobia: si trattava, invece, di una contestazione politica, perché a Vallecas e nel Rayo non c’è posto per questi personaggi, che sono manifestamente incompatibili con i valori del club».

Come non poteva essere altrimenti, il caso ha avuto immediate ripercussioni politiche: la decisione dell’arbitro è stata applaudita da Vox e dal Pp e contestata da tutta la sinistra che ha fatto notare la contraddizione di un provvedimento che punisce con inedita severità una protesta politica a fronte della perpetua impunità di cui godono razzismo e xenofobia sui campi di calcio. E oggi un altro incontro politicamente bollente: stasera, indipendentisti radicali catalani permettendo, si gioca a Barcellona, tra mille misure di sicurezza, Barça-Real Madrid.