Persone in fuga dal sud del Libano foto Epa
Libano. Fuga verso Sidone e Beirut – Ansa
Internazionale

Zone cuscinetto nel sud libanese e nel nord di Gaza

Israele/Libano Netanyahu vuole Hezbollah lontano dal confine. E usa l’identica retorica degli scudi umani. l movimento sciita libanese, nonostante i colpi ricevuti, ieri ha lanciato 200 razzi verso Haifa.
Pubblicato 15 giorni faEdizione del 24 settembre 2024

L’invasione del Libano è cominciata, anche se i comandi israeliani ripetono che l’attenzione è concentrata sulle «operazioni aeree» e che non ci sono piani immediati per un’offensiva di terra. Quanto visto a Gaza nell’ultimo anno rischia di ripetersi nel paese dei cedri. Il fine non è solo, come si afferma, «limitare le capacità di Hezbollah di lanciare razzi». Piuttosto è quello di spingere, con una devastante campagna di bombardamenti aerei – sono centinaia i morti in queste ultime ore – la popolazione civile libanese a scappare dal Libano del sud dove sarà creata una «zona cuscinetto». Poi, nel quadro di un cessate il fuoco, se e quando ci sarà, Israele farà la voce grossa per imporre un accordo che, in cambio del suo ritiro dal Libano, preveda l’allontanamento di Hezbollah dal confine di 10-20 km. Il ministro per gli affari della diaspora Amichai Chikli su X ha postato una mappa di una «zona cuscinetto» libera da civili definendola la «cosa più giusta da fare».

Per realizzare questo piano ci sarà obbligatoriamente l’invasione del Libano del sud, forse fino al fiume Litani, una porzione di territorio che Israele ha già occupato dal 1978 al 2000. Ieri mentre le bombe israeliane ad alto potenziale – fornite da Joe Biden e Kamala Harris – facevano strage di civili, il premier israeliano Benyamin Netanyahu si è rivolto ai cittadini libanesi per intimare loro di scappare. «Tiratevi fuori dai guai ora, non lasciate che Hezbollah metta in pericolo le vostre vite e quelle dei vostri cari», ha detto. «Una volta terminata la nostra operazione, potrete tornare sani e salvi alle vostre case». Poco prima era stato il portavoce delle Forze armate a pronunciare le stesse parole. Quante volte le hanno ascoltate i palestinesi nel corso dei decenni e nell’ultimo anno quelli di Gaza sfollati dalle loro case. Si sa come poi sono andate le cose.

Ma non è detto che tutto vada in porto come vorrebbero Benyamin Netanyahu e il suo esecutivo. Hezbollah pur avendo subito colpi durissimi (ieri un nuovo «attacco mirato» ha ucciso o ferito gravemente un altro suo comandante militare) ha dimostrato di poter colpire nonostante le difese antiaeree di Israele. Ha lanciato ieri oltre 200 razzi, alcuni dei quali per la prima volta a lungo raggio, tenendo sotto pressione l’intera area di Haifa, la Galilea, Safad, il Lago di Tiberiade, il Golan occupato e molte altre località. Il movimento sciita afferma di aver colpito con un razzo un carro armato israeliano che ha preso fuoco, uccidendo due soldati. Uno o più razzi sono caduti a breve distanza da Jedaide Makr. Il nord di Israele in queste ore è paralizzato e centinaia di migliaia di israeliani vivono con i rifugi aperti. Gli ospedali hanno dovuto spostare i pazienti più gravi in parcheggi sotterranei trasformati in reparti ospedalieri. Le scuole nel nord sono chiuse, sono vietati gli assembramenti e le attività outdoor per almeno una settimana.  Più andrà avanti l’attacco israeliano al Libano e più Hezbollah cercherà di colpire obiettivi in ogni punto di Israele.

L’analista Amos Yadlin parlando alla tv Canale 12 ha sottolineato che Israele fa ciò che crede, al punto di non aver informato gli Stati uniti del suo piano militare in Libano e che continua la sua azione nonostante l’insoddisfazione dell’Amministrazione Biden. «Questa è una indicazione per coloro che sostengono che Israele non occuperà, a causa delle pressioni statunitensi, aree strategiche come il valico di Rafah e l’asse di Filadelfia a Gaza», ha avvertito Yadlin. Il fatto che il grosso delle forze israeliane si concentri ora al confine con il Libano non significa che la pressione sulla Striscia sia diminuita.

Israele starebbe elaborando un piano per combattere Hamas nel nord della Striscia che prevede l’evacuazione di tutta la popolazione palestinese che ancora resta nella parte settentrionale della Striscia. L’ha detto domenica Netanyahu ai componenti della Commissione affari esteri e difesa della Knesset. Dopo l’evacuazione dei palestinesi rimasti nel nord – tra 300.000 e 500.000 – l’esercito israeliano darebbe la caccia ai circa 5mila combattenti di Hamas che, secondo Tel Aviv, si troverebbero nella zona settentrionale di Gaza. Il ritorno a casa di quelle centinaia di migliaia di civili è una ipotesi remota. Se il progetto di cui parla Netanyahu sarà realizzato, l’intera parte settentrionale di Gaza diventerà una «zona cuscinetto» per un lungo periodo di tempo, forse per anni.

La maggior parte della popolazione palestinese è sfollata. Si stima che un milione di persone siano ora stipate in una zona umanitaria designata che costituisce meno del 15% del territorio e che è priva di infrastrutture e servizi essenziali. Almeno dieci persone sono state uccise ieri dagli attacchi aerei su scuole a Nuseirat e Al Shati piene di sfollati. Il numero di rifugi bombardati dall’inizio della guerra ha raggiunto quota 183, tra cui 163 scuole. Israele sostiene di aver colpito «un centro di comando di Hamas».

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